Un’intervista dei giorni scorsi a Giampietro Castano, considerato l’uomo chiave delle crisi aziendali italiane, sulla rivista “Industria Italiana”, si è abbattuta come una scure sugli ormai stremati dipendenti di Acc di Borgo Valbelluna, creando non poco nervosismo anche tra i sindacati, che dopodomani incontreranno il commissario straordinario Maurizio Castro, per la questione della riduzione dei salari.
Alla domanda di Marco de’ Francesco: “A proposito di Acc, il governo Conte II intendeva associarla all’ex Embraco di Riva di Chieri, per realizzare il polo nazionale del compressore per frigoriferi, funzionale all’intera catena europea del Bianco. Un progetto industriale, finalmente”.
Castano ha risposto: “Non sono certo che funzioni, anzi, per il vero, faccio un po’ difficoltà a crederci. La fabbrica torinese è spenta da tempo; quella bellunese non ha ancora risolto definitivamente i suoi problemi sotto le diverse proprietà: Zanussi, Acc e i Cinesi della multinazionale Wanbao. Non è chiaro quali chance di riprendersi abbia una volta associata ad un’azienda fallita. Il modello che si intende perseguire non è corroborato da un’analisi di mercato che mi porti a pensarla diversamente. Ora mi rendo conto che vista dall’esterno, l’iniziativa del governo Conte II possa sembrare lodevole, ma non vorrei che si perpetuasse un accanimento terapeutico”.
Castano, “mister 130 tavoli”, che ha guidato dal 2008 al 2019 l’unità di gestione delle vertenze del Ministero dello Sviluppo economico, lavorando con ministri di diverso colore politico, da Claudio Scajola a Flavio Zanonato, da Corrado Passera a Claudio Romani, fino a Carlo Calenda, è infatti allineato con Mario Draghi sul fatto che non tutte le aziende in crisi vadano salvate.
Il suo orizzonte e quello del tessuto industriale post-Covid 19, con l’aggravamento della posizione finanziaria di tante imprese che, come temono al Mise, una volta scaduto il blocco dei licenziamenti, potrebbero far aumentare le vertenze in maniera vertiginosa. Draghi, nel dicembre scorso, al Gruppo dei Trenta, un’organizzazione internazionale di finanzieri e di accademici, aveva per la prima volta acceso un dibattito sulle cosiddette “aziende zombie”, quelle considerate ormai improduttive, che si mantengono in vita solo grazie all’intervento degli Stati. E così Castano gli fa eco, sostenendo che, il rischio è quello dell’accanimento terapeutico.
Nell’industria funziona così: c’è un normale processo selettivo per cui alcune aziende spariscono, altre nascono e altre ancora si rafforzano. Questa presa di posizione nei confronti di Acc è parsa ingenerosa e in parte ingiustificata, perché nessuno nega che ci siano dei problemi, ma l’azienda sta lavorando, ha commesse ed è considerata leader nel suo settore. Il vero problema è la crisi di liquidità, che si protrae da tempo, perché nessuna banca fino ad ora ha voluto garantire il prestito-ponte richiesto dal commissario straordinario Castro.
Inoltre, giorni fa è emerso che nel Decreto Sostegni, ci sia un articolo, il 34, che sembra scritto proprio per il salvataggio di Acc, perché prevede l’istituzione di un fondo per la concessione di finanziamenti alle imprese in amministrazione controllata. Il problema è che per la sua attuazione, occorrono tre mesi, un tempo troppo lungo per l’azienda di Valbelluna.