Un nuovo accordo bilaterale tra Francia e Regno Unito è stato firmato, nel fine settimana, per dare un giro di vite al crescente problema dell’immigrazione clandestina nel Canale della Manica.
Il tratto di mare che separa l’Europa continentale dalla Gran Bretagna è, per antonomasia, l’unica via percorribile per i migranti. I quali, non potendo (e volendo) arrivarci via aereo, pena i rigidi controlli aeroportuali, preferiscono modalità clandestine, soprattutto via tunnel e, ultimamente, anche via nave.
Nel corso del 2020 si è notata una crescita di circa il 20% dei tentativi di ingresso in Inghilterra; un problema che per Londra si fa sempre più pressante e che ha sempre una e una sola origine: la Francia. Per questo motivo, e con il fine di ottenere più rigidità da parte di Parigi nei controlli sul tratto di costa che si affaccia verso la Manica, è stato firmato l’accordo in questione, con 4 punti principali.
A partire da domani, 1 dicembre, la Francia raddoppierà il numero di poliziotti in servizio lungo le coste per scoraggiare le partenze di imbarcazioni; insieme all’aumento del personale, vi sarà poi maggior controllo tecnologico (mediante droni, telecamere e radar) sul tratto di costa prediletto per le partenze via nave; per quanto riguarda invece il rischio di attraversamento via tunnel o via traghetto (e quindi servendosi di furgoni e camion), saranno intensificati anche i controlli alla partenza del tunnel sotterraneo e dei porti. Infine, saranno adottate misure per ampliare il ricollocamento dei migranti in centri d’accoglienza nell’entroterra francese, con lo scopo di smantellare, per quanto possibile, le baraccopoli a ridosso della costa dove vivono migliaia di clandestini che aspettano di imbarcarsi.
Londra avrebbe poi il desiderio che Parigi si riprendesse tutti gli immigrati intercettati durante il viaggio o al loro arrivo, prima di dover imbastire tutte le pratiche d’asilo. Lunghe e costose; e che fanno sì che nel mentre gli immigrati rimangano in suolo inglese. Parigi, naturalmente, non è d’accordo; ma nell’ambito degli accordi di Dublino in materia di immigrazione, c’è uno spiraglio che per Londra sarebbe una manna dal cielo. Se venisse interpretata, a favore del Regno Unito, il fatto che la competenza di esaminare la domanda di asilo spetti al Paese attraversato dal migrante e non quello di arrivo, vorrebbe dire un grande scarico di costi e di responsabilità. Ma come si può immaginare, questo aspetto è ancora materia di discussione; senza dimenticarsi, poi, che il 31 dicembre Londra abbandonerà l’UE.
Federico Kapnist