Un recente report dello studio di consulenza Adacta Advisory di Vicenza sulla base dei dati Mergermarket, relativi al 2020, traccia una panoramica sull’andamento delle acquisizioni e delle fusioni nel Nordest, mettendo in evidenza che, anche nell’anno della pandemia, molti fondi d’investimento hanno trovato proprio in quest’area interessanti occasioni di valore, mentre si sono dimezzate le operazioni di acquisizione da parte delle società “nordestine”.
E anche se a prima vista potrebbe apparire come indice di un minor attivismo, in realtà la cosa è controbilanciata da un aumento di fusioni tra realtà vicine. Perché, come ha spiegato Paolo Masotti, partner e amministratore delegato di Adacta Advisory, “il nodo dimensionale è ormai ben presente agli imprenditori e infatti sempre più spesso parlando con loro torna la frase: o cresciamo o vendiamo. Una volta ad una bella azienda, anche piccola, era sufficiente produrre utili, oggi invece tutti sono consapevoli che restando fermi si aumenta la possibilità di rimanere un pesce piccolo, che rischia di essere mangiato”.
Sempre secondo Masotti, a fronte di progetti credibili, oggi le risorse finanziarie si trovano e l’attività dei Fondi nella nostra Regione sta dando una scossa positiva al mercato, “con operazioni anche in settori mai toccati prima, basti pensare ai consolidamenti nelle aziende di lavorazione e subfornitura, che stanno cambiando le regole del gioco, costringendo anche gli altri attori a muoversi verso una certa direzione”.
Rispetto al 2019, sulla base dei dati, le operazioni di fusione e acquisizione che hanno riguardato il Nordest sono calate del 22%: il calo è spiegato da operazioni “outbond”, ossia quelle in cui sono le realtà del Nordest ad acquisire: le acquisizioni all’estero sono scese da 26 a 10 e, in italia da 25 a 12.
“Ci auguriamo che sia un dato che non trovi conferma anche quest’anno, che non sia un trend”, ha fatto sapere Giovanni Segato, senior manager di Adacta, che ha realizzato la ricognizione sui dati. Quindi che sia stato il contesto difficile ad aver creato un rinvio delle strategie e non una tendenza, perché altrimenti sarebbe preoccupante. Anche perché le operazioni di acquisizioni su aziende trivenete, “inbound” restano stabili.
“Sul diverso andamento nei due ambiti pesa anche altro: le operazioni in ingresso sono più stabili perché beneficiano di un ruolo ampio di fondi di investimento rimasti molto attivi a differenza di quelli in uscita che sono di matrice più industriale e che quindi hanno risentito del raffreddamento del mercato”, ha chiarito Masotti.
“Essere acquisiti suona meno positivo, ma rimanere attrattivi nonostante l’impatto della pandemia non è da sottovalutare, per il Veneto”. I moltiplicatori e i valori delle operazioni restano comunque molto interessanti producendo una ricchezza finanziaria in ingresso in Regione da reinvestire. Altra questione evidenziata, l’aumento di un terzo delle operazioni tra aziende all’interno del Triveneto: il segnale che ormai la percezione della crescita dimensionale sia divenuta improrogabile.