La vita trascorsa nella sua città natale, Catania, dove si era laureata con lode in filosofia. Fino a quando, appassionata dal mondo del giornalismo, si trasferì a Milano; dove imparò l’arte del mestiere e divenne una giornalista vera, di razza, appassionata di politica estera e con una particolare sensibilità verso il tragico mondo dei rifugiati di guerra.
A metà anni ’90 entra a far parte della nobile famiglia del Corriere della Sera; per conto del quale, a seguito dell’invasione americana di quell’Afghanistan reo di dare rifugio al “grande Satana” di quei tempi, Osama bin Laden, parte per raccontare una nuova guerra, una nuova tragedia. Non farà mai più ritorno a casa.
Il 19 novembre del 2001, sulla strada tra Jalalabad e Kabul – una delle aree più impervie e pericolose del Paese asiatico, nella parte nord-orientale a ridosso del confine con il Pakistan – un commando armato di banditi, legato probabilmente ai talebani, mette fine alla vita della coraggiosa giornalista siciliana. Insieme a lei, vengono uccisi anche altri due giornalisti occidentali e la guida afghana. Una barbara esecuzione; tirati giù dall’auto, messi al muro e brutalmente assassinati a colpi di Kalashnikov.
Si disse che dietro all’omicidio potesse esserci stato un deposito di gas nervino scoperto dai giornalisti e di cui non si voleva far trapelare nulla; più probabilmente, invece, si trattò di una rapina finita male in un Paese tristemente noto per la barbarie e lo scarso valore della vita umana (dalla macchina erano infatti spariti effetti personali e alcuni strumenti del mestiere).
Nonostante l’acclamato furto, il mistero di cosa fosse effettivamente andato storto quel giorno – e del perché, cioè, si arrivò anche ad uccidere, e non solo derubare, degli inermi giornalisti occidentali – rimase e tale rimarrà.
La giustizia afghana si mosse e arrivò, nel 2004, a condannare a morte, un uomo, e a 24 anni due suoi complici.
Il ricordo di Maria Grazia, invece, rimane vivo ancora oggi grazie alle numerose iniziative in suo onore: premi giornalistici, targhe, strade. Insieme alla commozione dei suoi colleghi reporter; che a distanza di quasi 20 anni non possono dimenticare la caparbietà e la passione di una donna determinata che si era scelta un lavoro così pericoloso.
F.K.