A Doha, nei giorni scorsi, i rappresentanti dei talebani e del governo afghano hanno sottoscritto un’intesa per giungere ad un accordo di pace definitivo. La notizia ha generato ottimismo presso l’ONU, la NATO e le ambasciate occidentali in Afghanistan; che vedono così, finalmente, uno spiraglio di luce in fondo al tunnel della guerra civile in cui è invischiato il Paese centrasiatico.
Il conflitto, diventato ormai insostenibile e che miete, all’incirca, 10.000 vittime ogni anno, vede fronteggiarsi i talebani, movimento fondamentalista musulmano, e il governo di Kabul, apparentemente ancora incapace di reggersi sulle proprie gambe senza il sostegno occidentale.
A far presagire che questa possa essere la svolta definitiva, è il punto a cui le due parti sono arrivate, mai raggiunto sinora. Talebani e governo hanno infatti delineato l’agenda; in altre parole, hanno stabilito quali saranno i punti da affrontare durante i colloqui di pace. Resta da stabilire l’ordine in cui essi verranno affrontati, ma i temi fondamentali – regole e procedure per i negoziati, road-map e accordo di cessate il fuoco definitivo – sono stati firmati dalle due parti mediante un accordo di tre pagine.
La cartina di tornasole per la bontà dell’accordo sarà vedere se le violenze continueranno in modo dissennato (come successo finora nonostante i piccoli passi in avanti) o se, invece, la volontà dei talebani di giungere a un accordo potrà porvi fine. Le materie che fino a una settimana fa avevano bloccato la riuscita del negoziato – la giurisprudenza alla base dei colloqui e l’inclusione di documenti, come l’accordo USA-talebani e le risoluzioni ONU, come base di partenza per le future discussioni – sembrano esser state risolte con soddisfazione da parte dei talebani.
Se non vi saranno ulteriori intoppi – cosa che non si potrà mai sapere, in un Paese travagliato dove l’inganno e la menzogna sono endemiche nel sangue della popolazione – forse, a breve, si potrà avere notizia dell’avvio definitivo dei colloqui di pace. Una svolta che il mondo attende dopo quasi vent’anni dall’invasione degli Stati Uniti contro al-Qaeda; e del caos che si è generato in seguito.
Federico Kapnist