Agenore Fabbri è l’artista dell’allarme, dell’ansia, del disincanto feroce. La sua misura intima e dirompente mostra la sua anima fortemente espressionista, il carattere anche noir e a tratti grottesco sarà per oltre un decennio il suo tratto distintivo e i motivi profondi del suo operare. Il suo talento straordinario come pochi gli permetteva di arrivare dritto al soggetto circondare da ogni lato e mirare direttamente al cuore.

Agenore Fabbri, Omaggio a Lucio Fontana, 1968, scultura in bronzo 160 x 50 x 35, Galleria Mag di Padova
Nell’osservazione delle sue opere l’esperienza sensoriale e plastica mostra la capacità immediata di Fabbri d’intervento e dialettica con la materia. L’intensità e l’energia racchiusa nel bronzo e metallo sono frutto della sua immensa devozione alla materia ma anche della rabbia, timore, del coraggio della denuncia e dello scacco alla bellezza. Agenore Fabbri amava la vita ma a volte in contrasto con la realtà e gli uomini, riversava i suoi sentimenti attraverso le fratture delle sue sculture forti, piegate ed espressive.
In tal senso è possibile attribuire al suo lavoro una componente sempre riconducibile ad una problematica storica, sociale. Creatore di figure e forme capaci di inghiottire i più diversi turbamenti e mutare per rivelarsi sempre volontà umana. Solchi strappi ed increspature come intimità del nostro essere.
“Avevo 12 anni e per andare a scuola dovevo fare 6 km a piedi, mentre Giovanni e Francesco andavano in calesse e quando pioveva erano anche riparati. Ne chiesi spiegazione al mio babbo e risposi che non lo accettavo perché mi pareva ingiusto e assurdo, sicché il babbo concluse: ” E bravo, per fare il rivoluzionario mi sembri un po piccino, però prometti bene!” Non ricordo i nomi di nessuno, ma di Giovanni e Francesco sempre”.