Agsm Aim cresce, nel primo semestre i numeri fanno tirare un sospiro di sollievo a chi non vedeva di buon occhio la fusione, della quale si prende adesso tutto il merito il sindaco Federico Sboarina. Peccato però che c’è una forza politica che sostiene la maggioranza a Palazzo Barbieri che non dimentica quanto siano stati travagliati gli ultimi mesi, e passaggi burocratici, che hanno portato all’unione delle multiservizi di Verona e Vicenza. A togliersi un “sassolino” dalla scarpa è l’eurodeputato leghista Paolo Borchia.
“Prendiamo atto che il sindaco, almeno adesso, dà ragione alla Lega, unica forza politica di maggioranza a schierarsi, sin dall’inizio del dibattito, a favore della fusione con Vicenza”, questa la stoccata del politico veronese – coordinatore per il gruppo ID in commissione Industria, ricerca ed energia e responsabile del Dipartimento energia della Lega in Veneto – che commenta i risultati ottenuti da Agsm-Aim nella prima semestrale dopo la fusione, con un utile netto raddoppiato rispetto all’anno precedente.
In sostanza quindi “non era necessaria la rischiosissima fusione con A2A, come invece sostenuto con forza fino all’ultimo giorno utile dal sindaco, ma bastava l’accordo con Vicenza per permettere all’azienda simbolo del nostro territorio un decisivo scatto in avanti”.
“Rileggendo le dichiarazioni di fine giugno dello scorso anno – fa notare Borchia – era stato lo stesso Sboarina ad alzare i toni della polemica, definendo il progetto di fusione con Milano, in una dichiarazione resa all’Arena il 25 giugno 2020, ‘non un’opzione ma una necessità’, aggiungendo che ‘chi voterà contro l’aggregazione di Agsm e Aim con un altro partner industriale se ne assumerà la responsabilità e sappia che provocherà un grave danno ai cittadini veronesi”.
Ma Borchia non finisce qui “viste le notizie apparse sui media e le interpellanze degli ultimi giorni, ci saremmo contestualmente aspettati una doverosa e netta presa di distanza in merito al conferimento di incarichi interni all’organigramma aziendale di ex membri del consiglio di amministrazione e di altre figure vicine al sindaco stesso e al presidente Casali. Ancora una volta scelte non condivise e che, se confermate, appaiono quantomeno inopportune”.
Inoltre in questi giorni a Verona è passata quasi in sordina un’altra questione strettamente collegata con la vicenda veronese: il Consiglio di Stato infatti ha messo una pietra tombale sul matrimonio da 450 milioni di euro tra A2A e AEB. E conferma così la decisione del Tar della Lombardia che a febbraio aveva annullato la delibera con cui il Comune di Seregno, principale azionista della multiutility brianzola AEB, aveva dato il via all’integrazione societaria senza passare da nessun bando pubblico. Bando che invece – confermano i consiglieri di Stato – avrebbe dovuto esserci, visto che ad acquisire una parte del capitale di AEB (interamente pubblica) è stata A2A, per metà proprietà dei Comuni di Milano e Brescia, ma per l’altra metà posseduta da soci e investitori privati.
“Chi ha seguito la vicenda non farà fatica a vedere in quello che è successo a Seregno delle somiglianze con quanto sarebbe successo anche a Verona non ci fossimo fermamente opposti, vedendo nella fusione con il socio lombardo non pochi problemi”, spiega Michele Croce, leader di Prima Verona che insieme a Gian Paolo Sardos Albertini (entrambi Past President di Agsm), aveva affrontato l’Amministrazione a colpi di diffide dimostrando l’illegittimità dell’operazione.
“Quello che è successo in Lombardia dimostra che avevamo ragione noi – sottolinea Croce -. La fusione con A2A sarebbe stata sbagliata per la nostra città e dannosa per il territorio, mentre la fusione con Aim, di dimensioni più simili alla nostra realtà, sta dando i suoi frutti”, conclude Croce.