Ormai da tempo in tutta Europa stanno montando le proteste contro il colosso americano dell’e-commerce Amazon. In un anno di pandemia, tra veri e propri lockdown e altre restrizioni, si stima che le vendite online siano aumentate di circa l’80% e che Amazon abbia visto il proprio fatturato aumentare di quasi il 40%, a discapito dei piccoli e medi commercianti delle nostre città, che invece sono stati flagellati dalla pandemia.
Le prime manifestazioni contro lo strapotere della società americana si erano registrate già nell’autunno scorso, quando parecchi gruppi, tra i quali “NoelSansAmazon” in Francia, avevano proposto di boicottare il BlackFriday, costringendo Amazon a far slittare la data al 4 dicembre, per permettere ai negozi tradizionali di riuscire a vendere qualcosa.
Ma a far sentire la propria voce erano stati anche movimenti ambientalisti come “Fridays for Future” o “Greenpeace” che si erano mobilitati per disincentivare gli acquisti on-line, sottolineando non solo le ripercussioni negative sul tessuto socio-economico, ma soprattutto quelle sull’ambiente.
Ora la situazione si è fatta talmente critica anche dal punto di vista del modello lavorativo che, per la prima volta, per il 22 marzo è stato proclamato uno sciopero nazionale che riguarderà tutta la filiera e quindi tutti i lavoratori. La protesta indetta dai sindacati confederali dei trasporti riguarda essenzialmente ritmi e carichi di lavoro, stabilizzazione dei precari e dei lavoratori interinali, rispetto delle normative su salute e sicurezza e continuità occupazionale in caso di cambio di appalto o fornitore.
Amazon, arrivata in Italia nel 2010, ha 6 grandi centri strategici di distribuzione e 27 depositi di smistamento e 2 centri di distribuzione urbani a Milano e Roma. I progetti sono per un’ulteriore espansione, con il settimo grande centro di distribuzione a Novara e altri quattro depositi di smistamento, tra Piemonte, Marche e Umbria.
Nel Polesine, nel grande centro tra Castelguglielmo e San Bellino, a fronte di 400 addetti assunti con contratto a tempo indeterminato, ci sono 2100 lavoratori precari, assunti attraverso agenzie interinali e per lo più con contratti a monte-ore-garantito, “mog”, formula di part-time per la quale decide l’azienda quando e quanto far lavorare i dipendenti.
La Cgil, attraverso il suo segretario provinciale, Pieralberto Colombo, sottolinea come “Amazon stia assorbendo grandi quantità di manodopera con un elevato turnover, prosciugando così il bacino polesano e attirando lavoratori da fuori provincia e regione, lasciando irrisolti i problemi relativi ai trasporti pubblici, alla questione abitativa e più in generale della sostenibilità”.
Amazon controbatte che il processo di stabilizzazione dei precari è già in atto da tempo e che, “dopo le 220 assunzioni iniziali, oggi si è arrivati a 400 e che l’obiettivo è quello di arrivare a 900 nei prossimi tre anni. E, per guanto riguarda la “mog”, è una necessità aziendale, essendo Amazon di fatto un negozio aperto 24 ore al giorno e ancor più soggetto alla variabilità dei numeri, in un momento come quello che stiamo vivendo di emergenza pandemica”.