C’era una volta “l’Impero di Cindia”; come un bel libro di Federico Rampini, di qualche anno fa, definì la vertiginosa crescita economica dei due Paesi più popolosi al mondo.
Cindia però, naturalmente, non è mai esistita. E Cina e India rimangono due colossi demografici ben separati; con un rilevante tratto di confine in comune (oltre 4.000 chilometri) che, ancora oggi, è spesso fonte di tensioni e di occasionali schermaglie tra le due Potenze.
L’area contesa si estende dall’Arunachal Pradesh (ad Est del Bhutan), passa per il Sikkim, prosegue a Nord-Ovest del Nepal e termina nel Kashmir. Dove, per aggiungere ulteriore tensione a quella già esistente, a reclamare porzioni di territorio vi è anche il maggior Paese musulmano dell’Asia continentale, il Pakistan.
Proprio nel Sikkim, tra Bhutan e Nepal, nello scorso mese di maggio uno scontro tra soldati indiani e cinesi aveva provocato la morte di almeno 20 militari di Nuova Delhi e di un non precisato numero di militari di Pechino. E nei giorni scorsi, si è andati vicino a ripetere uno scontro di questo tipo; mettendo ancora una volta a dura prova gli sforzi delle due diplomazie.
I fatti parlano di sconfinamenti effettuati dagli eserciti di ambo le parti e di qualche colpo sparato come avvertimento. Con le accuse, reciproche, che si sono ovviamente sprecate. Tuttavia, data la caratura dei due attori, anche una breve schermaglia desta immediatamente preoccupazione in tutto il globo. E per rendere meglio l’idea, Trump ha subito offerto il suo aiuto al fine di trovare una soluzione pacifica per fermare sul nascere gli scontri.
L’area specifica finita questa volta sotto i riflettori, è quella del lago Pangong Tso. Situato nell’Est del Kashmir, il Lago è attraversato dalla LAC (Line of Actual Control), il confine de facto tra Cina e India stabilito con un accordo, ancora nel 1996, con lo scopo di ridurre i potenziali attriti tra le due Potenze asiatiche. Le quali, nel 1962, erano arrivate ad affrontarsi in un conflitto vero e proprio, durato circa un mese, e che causò oltre 2.000 morti.
Federico Kapnist