L’astrazione geometrica e la prima corrente informale stavano per esaurirsi quando Arman si affaccia per la prima volta al mondo dell’arte. Le sue esperienze precedenti vanno dalla fotografia al maestro di Judo, passando per il venditore di mobili, la poesia e la musica.
Figlio di proprietario di una bottega di mobili, pittore dilettante e amante del violoncello, Arman eredita il gusto e la passione del padre nel manipolare materiali e oggetti.
È già a quattordici anni, volontario durante i bombardamenti, che impara a cogliere i paradossi di quella società ingorda nella quale viveva. L’esperienza gli insegnerà a guardare, a percepire la realtà e a riconoscere la potenzialità della materia che manipola. I semplici colori impressi sulla tela non bastano più, Arman vuole creare una nuova via d’espressione frutto dell’azione e del suo modo unico di vedere le cose.
Sia a Nizza che a New York ha un atelier per dipingere e un “atelier meccanico” dove distruggere, bruciare e tagliare. Sembra un semplice lavoro di accatastamento di pennelli e orologi, tuttavia quello che viene celato sotto l’accumulo di elementi scartati è ben altro.
È nell’accumulo che Arman trova la misura per leggere ciò che lo circonda, un mondo governato da una creatività casuale che sancisce e arresta il momento esatto in cui ciò che finisce di essere utile si trasforma per diventare immortale. Il ritmo visivo degli oggetti scandisce la struttura di un pensiero, il pensiero si fa musica ed Arman lascia che sia il caso a dettare gli accordi, che perpetui, faranno suonare i suoi violini cristallizzati.
La sua è la ricerca della bellezza che appartiene alle nostre vite e narra di esse in costante mutamento, bloccandone l’essenza nel tempo prima che questo le trasformi in altro. A lavoro, nel suo studio, è lui stesso a trasformarsi: a tratti un bambino che curioso tenta di rompere il giocattolo per scoprirne il meccanismo, subito dopo l’alchimista eclettico che sorprende e si lascia sorprendere.
Beffandosi degli eccessi del suo tempo Arman si dichiara un archeologo del futuro, completamente immerso nel ciclo della produzione diventa testimone e attore stesso della trasformazione e distruzione degli elementi.
Il suo stile è carico di scoperta, di ricerca della diversità, parla dell’unicità dei singoli elementi e della cura con la quale vengono colti, come se Arman ci chiedesse di soffermarci sul violino per percepire la sua essenza; e così restiamo attoniti a guardare un oggetto che ci interroga sulla verità di ciò che stiamo effettivamente guardando, bloccati nell’ordine d’idee provocato dal caos di un ammasso di rifiuti.