Ieri è arrivato il via libera dell’Agenzia italiana per il farmaco (Aifa) all’immissione in commercio del vaccino Pfizer Biontech; ora in Italia si attendono le prime 9.750 dosi che arriveranno il 26 dicembre per essere subito disponibili il giorno dopo, il 27 dicembre, per il V-day, quando tutta Europa partirà con la campagna vaccinale.
I primissimi ad essere vaccinati saranno medici ed infermieri che da mesi sono in prima linea nella lotta al Covid. Per organizzare la logistica è stata chiamata in campo la Difesa: “Su richiesta del commissario Domenico Arcuri abbiamo dovuto pianificare con urgenza la distribuzione del vaccino Pfizer”, spiega il generale Luciano Portolano, comandante del Coi, il Comando operativo di vertice interforze.
Nella notte tra il 25 e il 26, dopo essere partiti dal Belgio, i tir della casa farmaceutica, contenenti le celle frigorifere con le prime 9.750 fiale a -75 gradi, varcheranno i confini italiani. Da allora saranno scortati dai carabinieri fino all’ospedale Spallanzani di Roma, che per l’occasione sarà adibito ad hub centrale. Qui i vaccini verranno divisi in venti confezioni, una per ogni regione. A questo punto entreranno in campo le Forze armate che, con i propri mezzi, distribuiranno le dosi in tutta Italia in modo da permettere “all’intero Paese – spiegano dallo Stato maggiore della Difesa – di partecipare al Vaccine day europeo del 27 dicembre”.
“È ancora dura, ma ora abbiamo un’arma in più. Forza”, scrive il ministro della Salute Roberto Speranza in un post su Facebook dopo l’ok dell’Agenzia Italiana del Farmaco al siero Pfizer Biontech. I numeri fanno ben sperare sulla volontà degli italiani di vaccinarsi. I dati di una ricerca coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità, dice il presidente Silvio Brusaferro, mostrano “un atteggiamento di responsabilità degli italiani”: è emerso infatti che due persone su tre (il 67%) sono disponibili a vaccinarsi, la percentuale sale tra gli anziani (84%). I più giovani, 18-34enni, sarebbero ben disposti a vaccinarsi (76%) rispetto ai 50-69enni (67%) e ai 35-49enni (59%).
Ma non sono mancate anche in questo caso alcune problematiche, la prima di ordine logistico: il vaccino deve essere conservato congelato tra -60 e -80°C, per preservare l’mRNA, che codifica una proteina Spike che avrà il compito attivare la risposta immunitaria al virus. Quindi mantenere la catena del freddo sarà indispensabile per garantire l’efficacia del vaccino, ma già molte strutture dicono di non avere ancora i mezzi adatti allo scopo – cosa che purtroppo abbiamo già visto con i tamponi, spesso conservati in frigoriferi ad appena 4 gradi.
Prima di essere inoculata, la fiala contenente le dosi del vaccino deve essere scongelata e diluita con soluzione fisiologica e quindi conservata in fresco per essere utilizzata entro sei ore dallo scongelamento. Processi molto delicati che di certo non semplificheranno la campagna di vaccinazione. Inoltre le dosi da iniettare saranno due, a distanza di tre settimane l’una dall’altra.
Superato questo passaggio ce n’è un altro di ordine pratico: chi sarà ad iniettare il vaccino? Il personale che dovrà somministrare il vaccino manca e quindi è partita la corsa per reperire il maggior numeri di medici e infermieri, che dovranno prima essere formati e preparati sulle precise modalità di somministrazione del medicinale.
Siamo davvero pronti, o quella del 27 dicembre rischia di essere una falsa partenza?
L.M.