“Ricordatevi questo nome, Mohsen Fakhrizadeh”. Così aveva detto Netanyahu nel 2018, in uno dei suoi sermoni contro l’Iran e il pericolo rappresentato dalle sue aspirazioni nucleari.
Di certo non una fatalità; perché un attacco terroristico, nella notte di venerdì, ha portato alla morte dello scienziato iraniano, citato dal premier israeliano, nei pressi di Teheran. Un omicidio gravissimo e un colpo al cuore nei confronti dell’Iran, che vede assassinare, nella propria capitale, il responsabile dello sviluppo del suo programma nucleare.
Nessuno ha rivendicato l’omicidio ma, anche per questo motivo, si fa sempre più strada l’ipotesi della mano ebraica (probabilmente insieme alla complicità americana).
I servizi segreti esteri del regime israeliano, il Mossad, negli anni avevano già assassinato quattro scienziati che lavoravano al programma nucleare di Teheran; dimostrando ingerenze gravissime negli affari interni dell’Iran senza che, però, vi fossero mai state troppe rimostranze a livello internazionale. Israele, che pure possiede la bomba atomica senza però partecipare al Trattato di Non Proliferazione sulle armi nucleari (TNP), da anni combatte una guerra strisciante contro le aspirazioni iraniane di dotarsi di un programma atomico. E che, secondo l’arbitrario giudizio di Tel Aviv, potrebbe costituire una minaccia per la propria sicurezza.
Il 2020 si chiude quindi, per l’Iran, come si era aperto: con un altro omicidio eccellente. Il 3 gennaio infatti, il generale Qassem Soleimani, a capo delle forze Quds, era stato fatto saltare in aria da un drone americano mentre si trovava in Iraq. Oggi come allora, dietro a questo nuovo, gravissimo atto, vi è sicuramente il rinnovato asse Trump-Netanyahu in chiave anti-iraniana. Un’alleanza spregiudicata che ha ulteriormente inasprito i delicati rapporti nel Medio Oriente e che sarà uno dei principali dossier che dovrà prendere in mano il neo presidente Biden.
Proseguire con la linea oltranzista di Trump, che mira ad arrivare ad uno scontro totale contro l’Iran in nome della grande amicizia con Israele, o una politica più accomodante nel solco di quanto fatto da Barack Obama?
Federico Kapnist