La famiglia Benetton esce allo scoperto e fa sapere che per la vendita di Autostrade bisogna trattare e chiudere la partita con Cassa Depositi e Prestiti, restando pertanto in quel binario concordato l’estate scorsa con il governo Conte.
In un comunicato di ieri sera, si legge che, Edizione, la holding di famiglia, “ha preso atto dell’assenza allo stato, di proposte di potenziali investitori per l’acquisto della partecipazione in Autostrade Concessioni e Costruzioni riveniente ad Atlantia per effetto di detta scissione -pari in trasparenza al 55% di Aspi- e non ritiene di prolungare l’incertezza derivante dalla proroga di detto termine in attesa di ipotetiche offerte per tale partecipazione, anche alla luce dell’offerta vincolante in via di definizione da parte del consorzio di investitori, che fa capo a Cassa Depositi e Prestiti per l’acquisto dell’intera partecipazione di Atlantia in Aspi, (pari all’88% del capitale di quest’ultima). Edizione ritiene più opportuno coltivare l’unica operazione espressa dal mercato e, nel ribadire la propria fiducia nell’operato del consiglio di amministrazione di Atlantia, auspica che l’offerta venga quindi sottoposta al voto dell’assemblea per la valutazione della stessa da parte di tutti gli azionisti”.
In grande sintesi, la famiglia fa capire che il tempo è scaduto e che è inutile tergiversare per altri tre mesi, mettendo così la parola fine ad una pratica che si sta trascinando da troppo tempo.
Del resto i segnali di insofferenza da parte dei Benetton erano palpabili da mesi: il peso della questione del Ponte Morandi con tutto il suo contorno di imbarazzanti intercettazioni ha reso il tutto insostenibile. E infatti sembra che recentemente lo stesso presidente di Edizione, Enrico Laghi avesse caldeggiato gli amministratori di Atlantia a tenere in buona considerazione l’offerta di Cdp e dei fondi d’investimento.
Circolano già notizie sul fatto che nella nuova offerta della cordata facente capo a Cdp, ci sarà un piccolo ritocco migliorativo rispetto a quella precedente del febbraio scorso, di 9,1 miliardi di euro, poi bocciata da Atlantia.
Una cosa è certa, l’assemblea di lunedì 29 marzo, non sarà priva di ostacoli, perché il fondo Tci ha già fatto sapere di non accettare quanto deciso dai Benetton, contestando l’offerta come “illegale”, perché “una vendita non può essere fatta a condizioni di mercato se imponi un solo compratore”.