I retroscena della triste vicenda Citrobacter si fanno sempre più inquietanti: il batterio ritrovato nel rubinetto dell’ospedale, usato dal personale della Terapia intensiva neonatale per prendere l’acqua e darla ai bambini, ha infettato anche i biberon. Questa è la conclusione a cui è giunta la relazione sulla vicenda del batterio killer da parte della Commissione ispettiva dalla Regione Veneto, dopo i 96 casi riscontrati tra i piccoli nati a partire dal 2018 e i 4 piccoli morti.
A rendere noti risultati è stato il governatore del Veneto, Luca Zaia, che aveva fatto partire le indagini nominando un gruppo di esperti guidati dal professor Vincenzo Baldo, professore di Igiene e Medicina preventiva dell’Università di Padova. L’Ospedale della Donna e del bambino era stato chiuso appena era partita l’ispezione ed è stato da poco riaperto.
Analizzando le cartelle cliniche, i protocolli e le procedure si è scoperto che nel rubinetto della Terapia intensiva, il Citrobacter è arrivato probabilmente dall’esterno, forse favorito dal non completo rispetto delle misure di igiene imposte nei reparti ad alto rischio. Filtri rompigetto dei rubinetti d’acqua e biberon sono infatti risultati positivi al Citrobacter e i cinque ceppi analizzati (due dai rompigetto e tre dai biberon) «presentano correlazione con il cluster epidemico dei pazienti ricoverati».
Il reparto di terapia intensiva e neonatale dell’Ospedale della donna e del bambino di Verona si è «trovato di fronte ad una contaminazione a partenza ambientale, che ha portato a una diffusione del patogeno, con comparsa di infezioni invasive, con una iniziale sottostima e con il riconoscimento tardivo del problema e con conseguente scarso coinvolgimento del Comitato Infezioni Ospedaliere almeno fino al primo trimestre del 2020» affermano gli esperti della Commissione ispettiva della Regione Veneto.
La prima a denunciare l’accaduto era stata una mamma, Francesca Frezza, che appresa la notizia dell’esito dell’inchiesta ha iniziato una protesta davanti all’ospedale. «Sono qui perché la commissione d’indagine nominata dal governatore Zaia conferma tutto quello a cui ho sempre pensato in questo lungo anno». La donna tiene in mano la foto della figlia, nata nell’ospedale veronese l’11 aprile 2019 e morta al Gaslini di Genova 7 mesi dopo. «L’unica scelta forte e doverosa che andava fatta – sottolinea – era di chiudere tutto subito e non aspettare due anni. La decisione è stata presa solo il 12 giugno, quando ho reso pubbliche le perizie medico legali che accertavano che mia figlia è morta per il Citrobacter».