La presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, nella dichiarazione introduttiva della conferenza stampa seguita alla riunione del Consiglio Direttivo, ha lanciato un appello ai governi ad usare le risorse del Recovery fund per “spesa pubblica produttiva” e di introdurre nei piani nazionali “riforme per risolvere le debolezze strutturali e istituzionali” che non sono state affrontate nel passato.
“Il Consiglio dei governatori riconosce il ruolo chiave del pacchetto Next Generation Eu e sottolinea l’importanza che diventi operativo senza ritardi. Chiede agli stati membri di accelerare il processo di ratifica, di finalizzare i loro piani di ripresa e resilienza velocemente e di usare i fondi per spesa pubblica produttiva, accompagnata da politiche strutturali che rafforzino la produttività – ha detto Lagarde -. Queste politiche strutturali sono particolarmente importanti per risolvere le debolezze strutturali e istituzionali che esistono da tempo e nell’accelerare la transizione verde e digitale”.
Il richiamo è di certo diretto a quei paesi come l’Italia che sono ancora in ritardo per quanto riguarda la stesura del piano. La Bce infatti spiega che accelerare i tempi “consentirebbe al programma Next Generation EU di contribuire a una ripresa più rapida, forte e uniforme e accrescerebbe la capacità di tenuta economica e il potenziale di crescita delle economie degli Stati membri, sostenendo l’efficacia della politica monetaria nell’area dell’euro”.
L’indirizzo è chiaro, ora spetterà ai rappresentati delle istituzioni, nel nostro caso al premier Conte, correre su questo punto, ma per farlo dovrà prima mettere mano alla maggioranza e trovare quei numeri che ancora non ci sono per procedere con la sua azione politica.
Lagarde sottolinea inoltre che l’Eurozona non è ancora al sicuro e anche se “la campagna di vaccinazioni rappresenta una importante pietra miliare” nella lotta al coronavirus “la pandemia continuna a porre gravi rischi all’economia con la ripresa dei contagi e i prolungati lockdown che stanno danneggiando l’attività”.
Ma gli interessi politici e non solo, sono molti, anche perché pare che sul tavolo ci siano altri 100 miliardi, che fanno parte dei fondi della politica di coesione dell’Unione Europea, volta a garantire il rafforzamento della coesione economica, sociale e territoriale con l’obiettivo di ridurre le disparità di sviluppo fra le regioni ed uguagliare le opportunità socio-economiche dei cittadini. In Italia la politica di coesione è finanziata da risorse aggiuntive, comunitarie e nazionali, provenienti rispettivamente dal bilancio europeo (Fondi Strutturali e di Investimento Europeo) e nazionale (cofinanziamento nazionale ai Fondi Comunitari, Fondo per lo Sviluppo e la Coesione e risorse del Piano d’Azione per la Coesione).
E in Italia, la questione su chi gestirà questi soldi è tutt’altro che chiusa.