A otto anni dalla sentenza della Cassazione che rese definitiva la condanna per frode fiscale che costò a Silvio Berlusconi la decadenza dalla carica di senatore, il fascicolo viene riaperto. La condanna a 4 anni anni, 3 vennero poi coperti da indulto e 1 scontato ai servizi sociali, è costata a Berlusconi l’incandidabilità al Parlamento italiano sulla base della legge Severino. Tuttavia, dopo l’avvenuta riabilitazione, il leader di Forza Italia è stato eletto al parlamento europeo.
Adesso, la Corte europea dei diritti umani ha reso noto di aver comunicato al Governo italiano il 26 aprile scorso il ricorso di Silvio Berlusconi contro la sua condanna per frode fiscale nel 2013, dando così inizio alla fase dibattimentale che dovrà fornire alla Corte gli elementi per arrivare a un verdetto.
Nel suo ricorso, inviato alla Corte di Strasburgo il 28 dicembre 2013, l’ex premier sostiene che l’Italia ha violato in vari modi il suo diritto a un equo processo, il suo diritto a non essere processato per un reato che gli era stato contestato in altri 2 processi, e quello a vedersi applicate le attenuanti.
Il team di avvocati del Cavaliere – composto da Andrea Saccucci, Franco Coppi, Niccolò Ghedini, Bruno Nascimbene, Keir Starmer e Steven Powles – ha presentato alla Corte la ricostruzione dei fatti per ripercorrere la vicenda giudiziaria culminata con la conferma della Cassazione dopo la dichiarazione di colpevolezza di Berlusconi da parte del tribunale e della Corte d’appello di Milano nel 2012 e nel 2013.
A monte ci sarebbero delle presunte violazioni dei diritti della difesa: si denunciano ad esempio i mancati riconoscimenti del legittimo impedimento di Berlusconi a partecipare a cinque udienze, il rigetto dell’istanza di trasferimento del processo ad altra sede e il drastico taglio dei testimoni richiesti dalla difesa. Gli avvocati hanno proseguito la loro battaglia a Strasburgo poiché ritengono che siano stati lesi alcuni principi sanciti dalla Convenzione europea sui diritti dell’uomo.
Nel comunicare il ricorso i giudici di Strasburgo hanno quindi chiesto al Governo di rispondere a 10 domande. Le prime 7 questioni riguardano l’equo processo, la settima e ottava l’applicazione delle attenuanti e l’ultima quella a non essere processato più volte per uno stesso reato. In base alle regole della Corte di Strasburgo il Governo ha ora 16 settimane per rispondere (entro il 15 settembre).
Le domande rivolte al Governo dalla Corte di Strasburgo puntano in primo luogo ad avere chiarimenti sull’indipendenza e le modalità di formazione, in base alle leggi italiane, dei tribunali che hanno giudicato Berlusconi. Un aspetto essenziale, secondo i giudici europei, per determinare se vi sia stato o meno un equo processo e quale impatto abbia avuto il rifiuto, da parte del tribunale di Milano, della richiesta di Berlusconi di spostare il processo altrove, nonchè l’assegnazione del caso alla sezione feriale della Corte di Cassazione.
Un’altra questione sollevata dalla Corte di Strasburgo riguarda poi le dichiarazioni fatte alla stampa dall’ex giudice Antonio Esposito, allora presidente della sezione feriale della Corte di Cassazione, dopo la lettura del dispositivo della sentenza ma prima che ne fossero depositati i motivi. I giudici europei vogliono sapere se questo gesto ha leso il principio d’imparzialità della Corte di Cassazione, e anche se Berlusconi ha avuto la possibilità di contestare questa eventuale violazione davanti a un tribunale italiano.
Altre quattro domande rivolte al Governo italiano riguardano vari aspetti procedurali. La Corte vuole sapere se i tribunali italiani abbiano violato il diritto di Berlusconi a partecipare al proprio processo quando hanno rifiutato le sue domande di rinvio dell’udienza per motivi legittimi e di salute. Ma anche se il leader politico è stato privato del suo diritto a conoscere la natura delle accuse rivoltegli a causa del rifiuto del tribunale di Milano di tradurre alcuni documenti del fascicolo. O ancora se l’ex premier ha avuto sufficiente tempo per preparare la sua difesa e se l’impossibilità di interrogare alcuni testimoni ha violato il diritto all’equo processo.
“Ho dato mandato ai miei legali di chiedere di potere partecipare al giudizio che si svolgerà a Strasburgo, presenteremo delle memorie e documenti”. È quanto annuncia l’ex giudice Antonio Esposito, presidente della sezione di corte di Cassazione che nel 2013 emise la sentenza nel procedimento Mediaset per evasione fiscale, commentando la decisione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.