È rimbalzata su tutti gli schermi la surreale intervista dell’ormai ex commissario calabrese alla sanità, Saverio Cotticelli, che incalzato dal giornalista ha ammesso di non essere a conoscenza delle disposizioni del Governo né quanti fossero i posti disponibili in terapia intensiva.
E infine viene a sapere dei suoi compiti leggendo un documento davanti alle telecamere di Raitre. Subito il premier Conte, invece di capire come sia stato possibile un cortocircuito nel passaggio delle informazioni così grossolano, pensa solo a scrivere sui social che Cotticelli, “va sostituito, voglio firmare il decreto già nelle prossime ore”. Ma quest’ultimo, consapevole di aver toppato e della magra figura fatta davanti alla Nazione, si dimette.
Forse Conte prima di prendere qualsiasi decisione avrebbe dovuto confrontarsi con il suo braccio destro, Domenico Arcuri, che attualmente è il Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure per il contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19, e domandargli se avesse una lista con i nomi dei referenti delle varie regioni.
Perché se è vero che “la legge non ammette ignoranza”, è anche necessario essere messi a conoscenza dei propri compiti e delle proprie responsabilità, soprattutto in un momento così importante quando bisogna organizzare in tempi stretti un piano sanitario adatto a contrastare l’emergenza sanitaria in atto, che in Calabria esiste da ben prima del Covid.
E invece in regione nessuno sapeva chi doveva fare cosa e così nel dubbio non si è fatto niente, perdendo mesi preziosi di tempo e facendo sprofondare la regione in “zona rossa”, nonostante i contagi relativamente ridotti, proprio perché le strutture ospedaliere non sono pronte a contenere un eventuale aumento dei casi.
La situazione in Calabria è drammatica e Saverio Cotticelli (ex generale dei Carabinieri in pensione) era in carica da due anni come plenipotenziario della dissestata sanità della regione, per cercare di mettere una pezza dove fosse possibile, e di certo il Covid ha reso ancora più evidenti i gravi problemi strutturali che la sanità calabrese ha da oltre un decennio.
Sul caso era intervenuto anche il ministro per il Mezzogiorno Beppe Provenzano con un post su Facebook che non lasciava spazio a repliche: “L’attuale Commissario alla Sanità in Calabria non può restare al suo posto un minuto in più. Il Governo darà corso alla nuova nomina, sulla base del nuovo commissariamento deciso in CdM. La Zona Rossa però è il frutto non di una decisione politica, ma di un RT elevatissimo e di gravi inadempienze nell’organizzazione regionale, nonostante le importanti risorse stanziate in questi mesi”.
Appena 4 giorni prima il governo in Cdm aveva approvato il “Decreto Calabria bis” che proroga e rafforza la gestione straordinaria della sanità per i prossimi tre anni, rinnovando quello varato a fine dell’anno scorso, e dando quindi il benestare al lavoro fatto fino a quel momento dall’ex commissario, quindi è assurdo che per tutti le cose andassero bene, quando invece di giusto non c’era niente. E a questo punto la domanda sorge spontanea: ma il governo e la regione, nella figura di Nino Spirlì, con chi si erano confrontati nelle settimane precedenti in tema di sanità?
E a questa commedia dell’assurdo ecco aggiungersi, speriamo, l’ultimo atto, con la nomina nella serata di ieri del nuovo commissario alla sanità Giuseppe Zuccatelli, sul quale si apre un’altra polemica, questa volta per quanto riguarda le mascherine e la possibilità di contagiarsi, con il video che già spopola sul web e mette ancora una volta in imbarazzo il governo.
E dei posti che mancano in terapia intensiva non se ne parla nemmeno più.
Lucrezia Melissari