La questione non è tanto improntata sulle libertà civili e sull’obiezione di coscienza. È, piuttosto, un ragionamento squisitamente pragmatico ed economico; basato sul terrore di vedere bruciati, per la seconda estate di fila, i lauti proventi derivanti dal turismo, con conseguenze catastrofiche per l’economia. E sulla base di questo scenario, qualunque cosa sembra poter andar bene pur di evitare il suo ripetersi.
Non stupisce quindi che sia la piccola Grecia, a spingere più di chiunque altro per il certificato europeo per i vaccinati contro il Covid-19. Il Paese ellenico si basa infatti, per circa 1/5 del suo prodotto interno lordo (PIL), sul turismo. E se la pandemia l’ha, tutto sommato, risparmiato sotto il profilo della diffusione e della mortalità, i danni veri sono stati economici. Con un crollo vertiginoso delle presenze estere nelle sue numerose e rinomate località balneari e artistiche.
Atene, tramite il premier Kyriakos Mitsotakis, ha quindi chiesto, tramite una missiva al presidente della Commissione UE, Ursula Von der Leyen, di accelerare sul passaporto per gli immunizzati. Con il fine di agevolare gli spostamenti, almeno a livello comunitario, per tutti coloro che hanno ricevuto il vaccino; salvando così la stagione turistica ormai alle porte.
“Penso che sia importante. E, come ho già detto, dobbiamo avere un requisito medico che dimostri che le persone siano state vaccinate. […] È una decisione politica e giuridica che dovrebbe essere discussa a livello europeo” ha dichiarato la Von der Leyen.
L’argomento ha incontrato i favori anche dei vari rappresentanti nazionali in seno all’OMS, al fine di accelerare il ritorno alla normalità. Senza poter ancora specificare, tuttavia, se questa sorta di “patentino” sarà solo temporanea o meno.
In tal senso, sarà determinante capire anche quanto durerà l’immunità garantita dai vari vaccini oggi presenti sul mercato.
Federico Kapnist