“Se l’accordo siglato nel fine settimana a Londra sulla tassazione delle big tech è stato salutato positivamente anche da queste ultime, abbiamo il sospetto che difficilmente riusciremo a contrastare con successo le misure elusive che queste multinazionali praticano da sempre”. A dirlo è Paolo Zabeo dell’Ufficio studi della CGIA.
“Data l’immaterialità dei servizi che erogano – conclude Zabeo – continuerà ad essere difficile stabilire in quale nazione questi giganti del web realizzeranno i profitti e, conseguentemente, quante tasse dovranno essere versate in quel paese. Pertanto, se l’accordo siglato ieri non verrà esteso, non solo a tutti i paesi del G20, ma anche a tutti quelli presenti in UE che offrono alle multinazionali delle significative fiscalità di vantaggio – come l’Olanda, l’Irlanda e il Lussemburgo – difficilmente l’operazione nel suo complesso avrà successo”.
- Un confronto in Italia tra piccole e grandi imprese tech
Le micro e piccole imprese italiane con meno di 5 milioni di euro di fatturato – costituite prevalentemente da artigiani, piccoli commercianti e partite Iva – nel 2019 hanno versato 21,3 miliardi di euro di imposte erariali in più rispetto alle web companies presenti in Italia.
Due anni fa, infatti, l’aggregato delle controllate appartenenti al settore del WebSoft ha registrato un giro d’affari nel nostro Paese di 7,8 miliardi di euro; il numero di addetti occupati in queste realtà era di oltre 11 mila unità, mentre al fisco italiano hanno versato solo 154 milioni di euro.
Nello stesso anno, invece, il popolo delle partite Iva, con meno di 5 milioni di fatturato, ha generato un fatturato di 814,2 miliardi e il contributo fiscale giunto all’erario da queste 3,3 milioni di piccole realtà è stato di 21,4 miliardi di euro: un importo di circa 140 volte superiore al gettito versato dalle multinazionali del web.
- I piccoli subiscono una pressione fiscale doppia dei giganti tecnologici
Se il livello medio di tassazione di queste big tech è, secondo l’Area studi di Mediobanca, al 32,1%, nelle nostre piccolissime realtà si aggira attorno al 60%: praticamente quasi il doppio. Ora, anche a seguito di quanto affermato più sopra, nessuno chiede un inasprimento del carico fiscale nei confronti delle grandi imprese del web, ci mancherebbe, semmai è necessario abbassare drasticamente il peso delle tasse sulle piccole attività che, ancora oggi, rimane su livelli insopportabili.
Quali sono le ragioni per cui le controllate presenti in Italia delle principali multinazionali del web possono beneficiare di un tax rate del 32,1%? Per il semplice motivo che circa la metà dell’utile ante imposte è tassato nei Paesi a fiscalità agevolata che ha dato luogo a un risparmio fiscale cumulato che, nel periodo 2015-2019, è stato di oltre 46 miliardi di euro.
- Ma anche le grandi imprese di casa nostra eludono il fisco
Tuttavia, non sono solo i giganti stranieri del web a sfruttare la fiscalità di vantaggio concessa da molti Paesi europei. Da alcuni anni, infatti, anche alcuni grandi player italiani hanno trasferito la sede fiscale o quella legale, magari solo di una consociata, all’estero. Stiamo parlando, ad esempio, di Cementir, Campari, Eni, Enel, Exor, FCA, Ferrari, Ferrero, Illy, Luxottica Group, etc.
Molte di queste hanno deciso di spostare la sede legale nei Paesi Bassi, ad esempio, perché lì è possibile beneficiare sia di una legislazione societaria molto favorevole – che permette agli azionisti storici di avere il doppio dei voti in assemblea, modalità che consente di difendersi meglio da eventuali scalate provenienti da investitori stranieri – sia, eventualmente, di un trattamento tributario alquanto generoso, che il governo olandese riserva a ogni big company disposta ad aprire la sede fiscale ad Amsterdam.
Con queste operazioni, formalmente ineccepibili da un punto di vista fiscale-societario, si è però ridotta la base imponibile di coloro che pagano le tasse in Italia, penalizzando, come abbiamo visto, in particolar modo le realtà imprenditoriali di piccola e piccolissima dimensione che, a differenza delle grandi aziende, non hanno la possibilità di lasciare armi e bagagli e trasferirsi altrove.