Donald Trump si è visto chiudere i propri profili social per incitamento all’odio. Twitter e Facebook, in nome del regolamento che ne sancisce i termini di utilizzo, hanno deciso che i continui appelli contro il risultato scaturito dalle elezioni presidenziali, non sono più sopportabili.
Trump ha quindi optato per un’altra piattaforma, Parler, per comunicare direttamente con i suoi seguaci. Ma Apple ha subito comunicato come l’app in questione avrebbe dovuto mettere bene in chiaro quali regole intende applicare sulla libertà di espressione e le conseguenze per chi incita all’odio e alla violenza. Pena la rimozione dall’app store di iOS.
Se in queste ore si accende il dibattito sulla guerra scatenata dai giganti del tech nei confronti del presidente uscente e delle sue contestazioni al risultato delle elezioni, il pensiero non può che non andare ai recenti casi di golpe, e alle violente manifestazioni, che sono avvenute nel mondo contro governi legittimati dal voto popolare. Manifestazioni nate, cresciute e sviluppatesi grazie al determinante utilizzo dei social network e la facilità di comunicazione che essi permettono.
Ucraina, Bolivia, Venezuela, Bielorussia; solo per citarne alcuni. In tutti questi casi, gli oppositori ai legittimi governi scaturiti da voti democratici hanno potuto beneficiare dei social network per perseguire le proprie finalità, spesso in modo violento.
Non certo per una fatalità, in ognuno dei casi citati, i manifestanti anti-governativi erano graditi alle cancellerie occidentali, Washington compresa. E di conseguenza, anche i rigidi regolamenti dei social network avevano chiuso un occhio (se non due) di fronte alle violenze anti-democratiche.
Non si giustificano le violenze filo-Trump ed il becero assalto al Campidoglio di domenica; su cui è evidente una parte di responsabilità da parte del discusso presidente. Ma si questionano, piuttosto, i due standard applicati dai giganti della comunicazione ed il pericoloso precedente che questo comporta.
Chi decide quali insurrezioni contro governi legittimi siano buone e quali cattive? Chi decide quando il voto popolare è sacrosanto e quando è, per contro, sacrosanto il diritto della parte sconfitta di abbattere, anche violentemente, i vincitori delle elezioni?
F.K.