Il settore calzaturiero, una storia quasi centenaria, è strategico ed essenziale per l’economia della Riviera del Brenta, tra Padova e Venezia e, la crisi causata dall’emergenza pandemica ha avuto degli effetti rovinosi su tutto il comparto. Le vendite di scarpe sono crollate e la ripresa si prospetta molto più lenta di quanto si potesse immaginare. La crisi sta ormai mettendo in discussione anche il modello di sviluppo del settore.
Così, dovendo trovare una via d’uscita, si è pensato ad un patto di distretto sulla falsariga di quello avviato nel 2019 per il mondo dell’occhialeria bellunese, perché anche se le due crisi sono state generate da ragioni diverse, gli effetti e le urgenze sono molto simili. La questione principale è quella di non disperdere quel capitale umano, fatto di tante “mani d’oro”e competenze straordinarie del Made in Italy, vera ricchezza di quest’area, da tenere legata alle aziende, o quanto meno all’ambiente produttivo locale.
Il tema è già stato sottoposto all’attenzione dell’assessore regionale al lavoro, Elena Donazzan, che era stata la regista dei cosiddetti Stati Generali dell’occhialeria. Se a fine marzo, dovesse interrompersi il sostegno al reddito, si imporrebbe l’urgenza di non disperdere tutte quelle abilità, maturate in anni di esperienza. Il rischio infatti sarebbe quello di ritrovarsi alla ripresa della produzione, senza più quelle professionalità. Ecco dunque la volontà di rilanciare la Consulta territoriale calzaturiera, come organismo paritetico tra imprese e sindacati, già attivo da una ventina d’anni.
Il quadro del distretto attualmente è quello di un 2020 che si e chiuso con una flessione della produzione attorno al 40%, anche se i dati non sono ancora definitivi. “Tra gennaio e febbraio ci saranno i primi incontri con i clienti, per la presentazione delle collezioni Autunno-Inverno, da mettere poi in produzione tra marzo e settembre e, già si sa che questi clienti avranno venduto pochissimo e avranno di conseguenza i magazzini pieni”, fa sapere Gilberto Ballin, presidente della sezione Calzatura di Confindustria Venezia Area Metropolitana di Venezia e Rovigo.
“Il 2021 sarà ancora incerto, la stabilizzazione è rimandata al 2022, si fa centrale perciò la questione dell’occupazione. Le oltre 500 aziende del distretto impiegano 10mila addetti, in larghissima parte in cassa Covid fino al 31 marzo, e poi?”. Il problema è riuscire a tenere legato alle aziende il personale altamente specializzato, evitando che, la prospettiva della disoccupazione, porti ad altre soluzioni lavorative.
Come è ovvio immaginare il problema non si pone per tutte quelle imprese ben patrimonializzate e legate alle grandi maisons francesi, che potranno comunque permettersi di trattenere le competenze. “Il nostro futuro -conclude Ballin – è legato a quanto di quel know how riusciremo a conservare”.