“È una svolta storica, da cui aspetta benefici tutto il comparto suinicolo veneto e italiano”. Così Rudy Milani, presidente degli allevatori di suini di Confagricoltura Veneto, commenta l’obbligo, che è scattato da ieri, di indicare in etichetta la provenienza di salami, mortadella, prosciutti e culatello.
Il decreto con il nuovo sistema di etichettatura per le carni suine trasformate prevede che i produttori indichino in maniera leggibile sulle etichette tre tipologie d’informazione: Paese di nascita degli animali, Paese di allevamento, Paese di macellazione. La dicitura “100 % italiano” sarà utilizzabile solo da suini nati, allevati, macellati e trasformati in Italia. Però salumi, prosciutti e preparati (hamburger, carni impanate, arrosti e salsicce fresche) potranno continuare ad essere commercializzati con imballaggi ed etichette non conformi fino ad esaurimento delle scorte e comunque non oltre il 31 gennaio 2021.
“Finalmente un provvedimento che può sostenere davvero il made in Italy, mettendo fine alla truffa della carne straniera spacciata per nostrana – sottolinea Rudy Milani – . Invitiamo i consumatori a tenerne conto, prestando attenzione alle etichette e scegliendo prodotti a base di carne suina totalmente italiana, premiando così il gioco di squadra della filiera. In questo modo raggiungeremo un duplice obiettivo: offrire un prodotto certificato e garantito ai consumatori e sostenere tutta la filiera della carne suina, dalla produzione alle aziende di trasformazione. In questo momento di crisi, dovuta alla pandemia, sostenere la filiera vuol dire garantire anche il lavoro a migliaia di addetti del settore”.
Il falso made in Italy nel settore della carne suina ha causato danni per miliardi di euro, basti pensare solo allo scandalo “Prosciuttopoli” del 2018 dal quale emerse che almeno 1,2 milioni di falsi prosciutti di Parma e San Daniele erano stati immessi sul mercato.
“Auspichiamo anche un maggiore controllo sulla veridicità delle etichettature, che smascheri i maestri della truffa – aggiunge Paolo Ferrarese, presidente di Confagricoltura Verona. “Ci auguriamo inoltre che la grande distribuzione sostenga più che mai il made in Italy, aiutandoci a uscire dall’emergenza Covid che ha segnato profondamente i consumi. Naturalmente il nuovo sistema di etichettatura deve essere un incentivo per i produttori italiani a lavorare sempre più nel segno della qualità, che è sempre un valore aggiunto anche in termini di marketing. Infine, essendo l’Italia una nazione che importa il 40% della carne suina dall’estero, questa è anche l’occasione per incrementare la produzione nazionale, a beneficio di tutta l’agroindustria. Bisogna però portare fuori gli allevamenti dalle zone vocate, che ormai sono sature, consentendo lo sviluppo in altre aree d’Italia con la garanzia che i moderni allevamenti sono a basso impatto ambientale. Lo Stato deve però sostenere il settore dotando le zone meno sviluppato di infrastrutture come la banda larga, che serve ai moderni sistemi tecnologici che lavorano in connessione con la rete”.
A Verona ci sono parecchie imprese di trasformazione che producono prosciutti e salumi con lavorazioni d’eccellenza e carni al 100% italiane. Verona è anche la prima città in Veneto per allevamenti di suini: oltre 600 su 1.885 totali.