Dalla Conferenza Stato-Regioni, sull’avvio della stagione sciistica, non è uscito ancora nulla di certo e, questo è già un primo problema, perché chi deve programmare l’apertura, le assunzioni e gli acquisti non può farlo se non ha una data certa.
È indispensabile, ormai vitale, trovare un modo per conciliare il rispetto delle norme anti-covid e l’economia di un territorio, quello della montagna, ormai in ginocchio. Non si tratta più solo dello sci, ma anche di tutte quelle realtà imprenditoriali, collegate, come rifugi, noleggi, scuole di sci, alberghi, ristoranti, negozi e aziende di trasporto.
Tra le regioni più agguerrite c’è la Lombardia, i cui assessori Davide Caparini e Massimo Sertori, rispettivamente, al Bilancio e alla Montagna, definiscono questa non-decisione, “una scelta scriteriata, incomprensibile, da parte di un governo disorientato. Tenere chiusi gli impianti sciistici, vuol dire far fallire tutta l’economia della montagna. Forse a Roma non hanno ancora capito che gran parte del Paese non vive con lo stipendio garantito”. Inoltre i due assessori hanno voluto far notare che, a Natale si scierà in Svizzera, Austria e Francia e che sarebbe veramente assurdo tenere chiuso solo in Italia.
Per il momento, nonostante nel governo prevalga una linea rigorista, la Conferenza delle Regioni ha già approvato un piano con le linee guida per avviare gli impianti in sicurezza, con protocolli pensati per diversi scenari.
In difesa dello sci e a favore dell’apertura delle piste, è intervenuto anche il grande campione di sci, Alberto Tomba, che ha ribadito più volte che lo sci è uno sport individuale e praticato all’aperto e, come tale, non comporta rischi particolari. Dello stesso parere anche l’ormai celebre Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie Infettive dell’Ospedale San Martino di Genova.
Per quanto concerne Cortina, Enrico Ghezze, presidente del Consorzio degli impianti sciistici del Faloria, ha commentato con Adnkronos: “Stiamo tremando, perché se non dovessero aprire le piste per Natale, sarebbe tremendo, andremmo verso una crisi nera, dalla quale sarebbe veramente difficile risollevarsi. Il periodo delle feste di Natale per noi rappresenta più di un terzo del fatturato di tutta la stagione…dietro alle piste da sci, gira tutta un’economia, che va dagli alberghi ai ristoranti e, per ogni euro speso sugli impianti di risalita, ce ne sono altri nove per le attività economiche correlate”.
Inoltre, come ha voluto sottolineare Ghezze, l’80% dei lavoratori delle piste sono stagionali e non possono contare nemmeno sulla cassa integrazione e si tratta di decine di migliaia di addetti, che rimarrebbero senza reddito.
Un altro problema riguarda i turisti stranieri, che rappresentano il 50% dei turisti totali e, che, quest’anno mancheranno all’appello, facendo sentire, anche economicamente la loro assenza.