“Per le imprese, restare ancorati all’idea della Cig è in molti casi un errore profondo. Più si protrae nel tempo il binomio ‘Cig per tutti-no licenziamenti’ più gli effetti di questo congelamento potrebbero essere pesanti, in termini sociali e per le imprese“, a dirlo il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi.
La questione si fa sempre più complessa e il Governo non riesce a trovare il nodo della matassa: da un parte ci sono le ragioni dei sindacati che vogliono il blocco dei licenziamenti e un maggiore impego della cig, dall’altra quelle di Confindustria che vorrebbe invece forme di lavoro più agili per puntare ad una ripresa.
Ma anche all’interno della maggioranza le posizioni sono divergenti: “C’è stato un calo dell’occupazione contenuto, sotto il 2%, a fronte del calo del Pil del 9%, grazie alle misure del governo che hanno salvato milioni di posti di lavoro” aveva detto il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri.
Lo scenario a qualche settimana di distanza però è diverso: è chiaro che le imprese che usufruiscono della cassa Covid non potranno licenziare, ma come si farà con le altre? Per la Cgil si rischiano 1 milione di posti di lavoro, ma per le imprese la misura eccezionale rischia di essere invece un blocco alle nuove assunzioni. Una situazione di impasse dal quale non si riesce ad uscire.
Il decreto Cura Italia e il blocco dei licenziamenti
Lo stop generalizzato dei licenziamenti è stato introdotto il 17 marzo, in piena emergenza, con il decreto Cura Italia. Con la proroga contenuta nel decreto agosto, poi, è stata data la possibilità di licenziare in caso di accordi con i sindacati sugli incentivi all’esodo, fallimento o cessazione delle attività.
Ora che la cig è stata prorogata, come si potranno rimodulare gli stop ai licenziamenti? Per prima cosa è atteso un “decreto novembre” – come l’ha chiamato Gualtieri – per fornire un ulteriore sostegno alle aziende che hanno già attinto alle 18 settimane di aggiunta di cassa stanziate con il decreto agosto e che da metà novembre le avranno terminate. Nella manovra poi, con altri 5 miliardi, si finanzierà la cassa verosimilmente fino a marzo.
“Stiamo individuando gli strumenti per non far licenziare, ma non per obbligarle a non licenziare”, ha detto il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, affermazione che non è molto piaciuta ai sindacati. La ministra del Lavoro Nunzia Catalfo ha sottolineato che: “Solo nel caso in cui si utilizzi la cig Covid, ha un senso che ci sia un blocco dei licenziamenti”, mentre sono di parere opposto quelli di LeU, che vorrebbe invece una proroga generale.
In un quadro così complesso i sindacati spingono per portare il blocco fino a marzo, mentre il governo sarebbe più orientato a fissare la scadenza a fine gennaio, quando dovrebbe finire anche lo stato d’emergenza, ma anche questo dopo il nuovo Dpcm è tutto da rivedere.
Il pericolo è che questa situazione di incertezza lavorativa, vada a sommarsi alla protesta che già da giorni anima baristi, gestori di palestre e ristoratori, che sono nuovamente stati colpiti dalle restrizioni del decreto Conte. E nessuno vuole che la bomba sociale esploda gettando il Paese nel caos.
Ma dall’Ocse alla Banca d’Italia l’avvertimento è unanime: prolungare il blocco nella speranza che “passi la tempesta” sarebbe solo un modo per rinviare il problema della disoccupazione, con il rischio invece di aggravarlo, aumentando i fallimenti aziendali e finendo per scaricare il costo della crisi sui contratti a termine.
La soluzione potrebbe invece essere affrontare i licenziamenti, che prima o dopo inevitabilmente ci saranno, con un potenziamento delle politiche attive e prevedendo dei servizi strutturati di accompagnamento al lavoro, che però ad oggi nel nostro Paese sono ancora un’illusione.
L.M.