Maggiori tutele per le donne che lavorano, un Comune italiano si trova ora a dover risarcire di 30.000€ una donna: la sentenza fa la storia.
Come sancito dalla legge n.53/2000 e in seguito dal Testo Unico sulla tutela della genitorialità n. 151/2001, il congedo parentale è un diritto conferito alle lavoratrici e ai lavoratori, che potranno astenersi dal lavoro per dedicarsi alla cura e all’assistenza della prole fino al compimento del dodicesimo anno di vita. Il periodo di congedo richiedibile dal singolo genitore è fino a un massimo di 6, se entrambi intendono richiederlo il totale per la coppia è di dieci mesi.
Una recente sentenza del Giudice del Lavoro ha dato un notevole appoggio a questo diritto, schierandosi dalla parte di una madre professionista che è stata discriminata per via della richiesta di congedo.
Un Comune della Toscana è stato recentemente condannato dal Tribunale di Grosseto dopo la causa intentata da una architetta che si è vista negare la possibilità di un congedo parentale. La professionista dopo aver brillantemente vinto un concorso pubblico per il ruolo di Istruttore direttivo tecnico presso un Comune toscano è stata convocata per la consueta firma del contratto.
Durante questo colloquio la donna ha spiegato di aver bisogno di richiedere un congedo parentale per potersi prendere cura del figlio di appena tre mesi. Lo stato di bisogno nasceva dal fatto che non avrebbe potuto contare sul papà del bambino, impegnato nell’accudimento di un genitore gravemente malato residente fuori regione. Dunque l’uomo non avrebbe potuto richiedere il congedo per dedicarsi al bambino.
Tuttavia, nonostante la peculiare situazione dell’architetta il dirigente comunale non solo le avrebbe negato il congedo parentale ma le avrebbe anche tolto dalle mani il contratto che la donna si apprestava a firmare. A questo evento sono poi seguiti una serie di sterili tentativi di conciliazione in presenza della Consigliera delle Pari Opportunità della Provincia di Grosseto. Tuttavia, dato che la situazione non sembrava risolversi l’architetta si è rivolta al tribunale.
Gli avvocati hanno asserito in aula che il comportamento del comune fosse stato discriminatorio in base al genere, argomentazione che ha trovato il parere positivo del Giudice del Lavoro. Il Giudice ha infatti definito l’episodio come discriminazione diretta, aggiungendo che la stessa situazione non si sarebbe creata se il vincitore del concorso fosse stato un uomo.
Il Tribunale ha quindi condannato il Comune a un risarcimento nei confronti della professionista per danni patrimoniali (18.000 euro) e per danni non patrimoniali (8.000 euro). Inoltre l’ente comunale ha dovuto risarcire le spese legali per la cifra di 4.800 euro. A sostegno della sentenza il Codice delle pari opportunità, la richiesta di congedo parentale non può in nessun caso giustificare una mancata assunzione o una discriminazione nei confronti delle donne che lavorano.
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