Moltissimi cittadini sono ormai irrequieti e, come c’era da aspettarselo, stanno iniziando manifestare il disagio nel modo più semplice e brutale che conoscono: la protesta di piazza. A Napoli venerdì sera ci sono stati episodi di vera e propria guerriglia urbana con tanto di aggressioni alle forze di polizia, che secondo la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese “nulla hanno a che fare con le forme di dissenso civile e con le legittime preoccupazioni degli imprenditori e dei lavoratori legate alla difficile situazione economica”.
In parte sarà vero, tra quelli scesi in piazza c’erano anche degli istigatori, dei criminali latenti pronti ad esplodere alla prima occasione, ma di sicuro c’erano anche altre persone, disperate e amareggiate per come stanno andando le cose, che non sanno come faranno a mantenere la famiglia o a pagare la rata del mutuo.
Appena 24 ore dopo, alcuni disordini si sono verificati anche durante la protesta in Piazza del Popolo a Roma contro la “dittatura sanitaria e il coprifuoco”. Alla mezzanotte gli agenti hanno intimato ai manifestanti di sgomberare e loro di contro hanno risposto lanciando petardi e fumogeni contro le forze dell’ordine.
C’è stata una carica di alleggerimento e i manifestanti si sono dispersi verso piazzale Flaminio, sulla strada alcuni cassonetti bruciati, segno inequivocabile del loro passaggio.
La violenza è sempre da condannare, non possiamo andare indietro di 50 anni, la democrazia non se lo può permettere – e gli operatori dello spettacolo e tanti altri ci hanno fatto vedere che si può manifestare anche con ordine -, ma di certo queste azioni, anche se organizzate od espressioni delle frange più estreme di certe forze parapolitiche, devono essere un monito: così le cose non vanno bene.
Non vanno bene per le scuole chiuse con bambini e ragazzi costretti a seguire le lezioni a distanza perché lo Stato non è in grado di incrementare i mezzi pubblici o a imporre ingressi scaglionati, non vanno bene per commercianti e ristoratori che vedono la propria attività con le serrande abbassate e non vanno bene per gli imprenditori che sono costretti a ridurre la produzione e lasciare i dipendenti in cassa integrazione, e l’elenco potrebbe continuare.
Ma soprattutto le cose così come sono non vanno bene per l’Italia, la cui tenuta sociale sembra sfaldarsi sotto i colpi dei vari Dpcm e delle restrizioni. Mai come adesso il nostro Paese sembra una nave alla deriva senza una rotta e senza qualcuno che sia davvero in grado di prenderne il timone con senso di sacrificio e responsabilità.
Ma i sacrifici e la responsabilità devono essere condivisi, altrimenti non cambierà mai niente.
Lucrezia Melissari