È stato pubblicato su “Environment International”, nota rivista scientifica, uno studio multidisciplinare, sulla concentrazione del virus Covid-19 a livello di particelle nell’aria, condotto dall’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Consiglio nazionale delle ricerche di Lecce in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari di Venezia e con l’Istituto di Scienze polari del Cnr di Venezia e con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Puglia e della Basilicata.
La ricerca è partita, nel maggio 2020, da una comparazione tra le città di Lecce e Venezia e si è concentrata su aree lontane da sorgenti di contagio dimostrando che, in assenza di assembramenti, il coronavirus non viene individuato nell’aria, evidenziando quindi una scarsa probabilità di trasmissione del contagio, all’aperto.
Come ha voluto spiegare il professor Andrea Gambaro, di Chimica Analitica di Ca’ Foscari, “abbiamo cercato di capire se ci fosse la presenza del virus nel campione d’aria analizzato ed eventualmente in quale dimensione. Distanti dalle sorgenti, non ne abbiamo rilevato la presenza”.
Il ruolo della trasmissione per via aerea, all’aperto, dipende da diversi fattori, quali la concentrazione e la distribuzione delle particelle virali nell’atmosfera e le condizioni meteorologiche.
“Tutti i campioni raccolti nelle aree residenziali e urbane delle due città, sono risultati negativi, con una concentrazione di particelle virali molto bassa nel PM10, inferiore 0.8 copie per metro cubo d’aria” ha aggiunto Daniele Contini, ricercatore del Cnr-Isac di Lecce. Pertanto, la probabilità di contagio per via aerea, all’aperto, con l’esclusione delle zone molto affollate, appare talmente bassa da essere considerata trascurabile.
Il passo successivo della ricerca, ha spostato l’analisi in aree diverse, spazi chiusi e luoghi di socialità. A questo proposito, è già stata presa in considerazione Via Torino a Mestre e ora si sta procedendo alla campionatura di aerosol in zone come la stazione e i supermercati, “per arrivare a capire fino a dove arriva il respiro di un contagiato”.
Lo studio aiuterà a portare chiarezza nell’ambito della comunità scientifica, dove la cosiddetta trasmissione “airborne”, per via aerea, è ancora oggetto di dibattito, al contrario della trasmissione per contatto, diretta o indiretta, che è invece ampiamente accettata.