Il maxi processo per il crac della Banca Popolare di Vicenza, dopo oltre cento udienze, 160 testimoni, tra accusa e difesa, ottomila parti civili e circa un milione di pagine depositate dalla procura, volge ormai al termine. Un processo “titanico” come non se n’erano mai visti prima a Vicenza, organizzato e gestito a tempo di record, a dimostrazione del fatto che, quando la si vuol far funzionare, anche la giustizia italiana sa avere tempi e modi da Paese civile.
Con la giornata di ieri si sono concluse le arringhe delle difese, la prossima udienza sarà quella dedicata alle repliche di pubblici ministeri e parti civili ed è stata fissata per il 15 marzo, subito dopo, per il 18 è attesa la sentenza del collegio giudicante. Complessivamente per i sei imputati la procura ha chiesto pene per un totale di 51 anni, dei quali 10, la pena più severa, per l’ex presidente Gianni Zonin.
Ieri, a parlare in aula è stato l’avvocato Francesco Mucciarelli del Foro di Milano, in qualità di difensore di BPVi in liquidazione, come responsabile amministrativa e nel ruolo di imputata, in veste di ente giuridico e quindi chiamata a risarcire i danni. L’avvocato Mucciarelli ha subito premesso che, “si deve pensare all’ente, come qualcosa di completamente diverso da soci e manager, scisso e altro rispetto a dirigenti e amministratori, infatti non c’è stato alcun interesse da parte della banca, rispetto ai reati contestati”.
Il penalista ha così voluto rimarcare che non solo la banca non ci ha guadagnato nulla, ma che anzi ci ha rimesso e che determinati comportamenti di certi amministratori non possono essere in alcun modo ascrivibili alla banca: “l’interesse dell’ente non è quello dell’amministratore”.
In riferimento all’aumento di capitale del 2014, oggetto di diverse contestazioni, Mucciarelli ha puntato il dito verso “il perseguimento del profitto a tutti i costi”, affermando che alla fine “tale non è stato… si è dissolto in un depauperamento dei mezzi economici della banca”. Continuando, l’avvocato ha voluto ribadire che l’istituto di credito non poteva commettere alcun reato, semplicemente perché “mancava l’elemento soggettivo” e che anche per quanto riguarda “le baciate”, definite “condotte devianti dei soggetti”, l’ente le ha solo subite e che pertanto “non ci sia nulla da rimproverargli” e, per questo Mucciarelli ha chiesto che la banca venga dichiarata “non responsabile”.
Anche per la questione della chiamata di BPVi in liquidazione, a responsabile civile, il penalista milanese è tornato a chiedere l’esclusione per improcedibilità.
(In copertina un’immagine di repertorio dell’udienza)