A Vicenza, ieri, dopo un anno e mezzo di dibattimento per il crac della Banca Popolare, è iniziata la requisitoria dei pubblici ministeri Luigi Salvadori e Gianni Pipeschi.
Il processo di primo grado, iniziato nel 2019 a Mestre e poi spostato a Vicenza, vede alla sbarra, con l’accusa di aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza, Gianni Zonin, ex presidente; Giuseppe Zigliotto, ex consigliere; gli ex vicedirettori Emanuele Giustini e Andrea Piazzetta e gli ex dirigenti Paolo Marin e Massimiliano Pellegrini.
Sono state tirate le fila di un anno e mezzo di dibattimento, attraverso un lavoro certosino di riordino, che ha preso in esame decine di testimonianze e di elementi raccolti. Nelle loro arringhe, Pipeschi e Salvadori hanno affermato che, “le baciate sono state un fenomeno enorme, sotto qualunque profilo, ad iniziare dall’alterazione del mercato secondario delle azioni e dell’impatto patrimoniale e il conseguente stravolgimento della rappresentazione sia dell’una che dell’altra”.
Secondo i Pubblici Ministeri infatti “le baciate” sono state un’azione “occulta, programmata, strutturata e sistematica”, che ha fatto deragliare la Banca. Inoltre, Salvadori sostiene che il processo sia stato una specie di “verifica sperimentale, di accertamento scientifico” delle reali dimensioni della cosa, che vanno ben oltre i 280 milioni di euro, dichiarati nella perizia Gualtieri, presentata da Zonin e Zigliotto. La contro-perizia di Tasca, Castelli e Parisi, parla di un miliardo di euro di capitale finanziato, con 965 posizioni e 1289 operazioni.
Un fenomeno enorme, partito in sordina, che ha visto nel 2011 un cambio di passo, con le cosiddette “jumbo-baciate”, andate via via crescendo con gli aumenti di capitale tra il 2013 e il 2014. “Imprenditori di successo, che attraverso il finanziamento, divengono i soci più importanti della Banca”.
I magistrati hanno posto l’accento anche sull’estensione territoriale, “che da Vicenza, è tracimata prima in Veneto e poi in Friuli, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana e Sicilia, fino a far diventare pesante l’incidenza sull’operatività ordinaria.” Il quadro della gravità della prassi delle baciate, secondo i PM, “va oltre la semplice descrizione civilistica del divieto posto dall’articolo 2358”, cristallizzandosi caso dopo caso e testimonianza dopo testimonianza.
Un altro elemento messo in evidenza dai magistrati è come nelle gestione delle baciate fosse del tutto assente l’uso delle mail, alle quali venivano preferiti gli sms. Altra questione sollevata è stata quella delle lettere di garanzia, definite da Salvadori, “una prova dirompente del coinvolgimento diretto della direzione commerciale”.
Per quanto concerne invece gli ispettori di Bankitalia, che nel 2012 non si accorsero delle baciate, le intercettazioni non hanno fatto emergere nessun elemento degno di nota.