È stata consegnata la perizia sulle responsabilità di PricewaterhouseCoopers, organo di revisione di Veneto Banca. In una sessantina di pagine, Bruno Giacomello, economista dell’Università di Verona, giunge alla conclusione che l’attività di vigilanza sull’Istituto bancario della Marca è stata “del tutto insufficiente”.
L’accusa della perizia nei confronti di PwC, è che, “certamente l’organo di revisione non poteva non sapere della compromissione del patrimonio netto aziendale e dei notevoli rischi sulla continuità aziendale”, soprattutto dopo la relazione che aveva fatto seguito all’ispezione della Banca d’Italia.
Pertanto, “la responsabilità a carico dell’organo di revisione è evidente”, perché l’aver continuato a certificare che il bilancio fosse lo specchio della realtà, “avrebbe agevolato le condotte illecite degli organi amministrativi della Banca e indotto i clienti a ritenere di trovarsi di fronte ad un istituto solido”.
Mentre, “se l’organo di controllo avesse segnalato in maniera corretta le compromissioni e i rischi”, i clienti si sarebbero comportati in maniera diversa, limitando le perdite.
Ora le relazione tecnica del professor Giacomello fornirà una base dettagliata per sostenere una serie di cause civili contro PwC, nel tentativo di recuperare i soldi “bruciati” con le azioni delle ex popolari. Il primo a partire è stato l’avvocato padovano Virgilio Calabrese, che ha chiesto un risarcimento di 20 milioni, per conto di un gruppo industriale vicentino.
Sta partendo con un’azione legale anche Giuseppe Trabucchi, avvocato e professore di Diritto Commerciale a Verona, che nella sua azione contro i revisori, vuole andare oltre il tentativo di aggredire realtà dove i soldi non mancano, perché, “il loro ruolo dovrebbe essere quello di verificare la corretta rilevazione dei fatti di gestione nelle scritture contabili, attività fondamentale e di valore pubblico, che riguarda l’articolo 47 della costituzione, sulla tutela del risparmio, perché se gli amministratori non si comportano correttamente, devono essere i revisori l’argine del mercato”.
Il docente sostiene che con gli strumenti informatici attuali si sarebbe potuto far emergere lo scostamento tra realtà e dati ufficiali, anche senza addentrarsi nella formazione dei piani industriali ed evidenziare la sopravvalutazione del valore delle azioni, che “non poteva in alcun modo essere ritenuto compatibile con la situazione della Banca, né con le ipotesi di sviluppo”.