La situazione resta in costante evoluzione e ilanzhe se Zaia, in conferenza stampa a Marghera, escludeva con fermezza minilockdown o zone rosse comunali perché “dal nostro Dipartimento di prevenzione non arrivano richieste in tal senso”, da Roma le proposte del Comitato tecnico scientifico vanno in un’altra direzione.
I suggerimenti degli scienziati (che orientano le decisioni del Cts) se accettati dal ministero della Salute peserebbero parecchio sul Veneto, con mezza Regione che si ritroverebbe nella fascia di massimo rischio, aggiungendo alla chiusura delle scuole (andrebbe chiarito se estesa anche ad asili, materne ed elementari), quella dei bar e dei ristoranti e quella dei negozi, con le solite eccezioni (alimentari, farmacie, tabaccai, edicole, ottici, abbigliamento per bambini, cartolerie, informatica). La zona rossa prevede anche il divieto di spostamento dalla propria abitazione, salvo che per dimostrabili motivi di lavoro, necessità o salute.
Per scoraggiare gli assembramenti il Cts avrebbe anche ipotizzato weekend rossi in tutta Italia, dicendo però no ad un lockdown nazionale. Ma le indicazioni del Cts non piacciono a tanti e le due principali associazioni di categoria venete, Confesercenti e Confcommercio rispondono con una voce sola: “A questo punto, chiudete tutto per un mese ma in quei trenta giorni procediamo con una vaccinazione di massa”.
“Stamattina ho avuto l’ennesima riunione – dice Patrizio Bertin di Confcommercio – e non sapevo più che dire ai miei associati. Che resta da dire? Vaccinazioni lentissime, anche al netto delle forniture europee e un apri-e-chiudi che ci sta ammazzando”. Stesse parole arrivano da Cristina Giussani di Confesercenti: “Rossi, gialli, arancio, blu, verdi. Lo stillicidio di questo arcobaleno è mortale. L’incertezza senza una prospettiva d’uscita è letale. Secondo il nostro dossier pandemia ultimato in questi giorni sono cinquemila le aziende a rischio fallimento in Veneto. Sottolineo che non parliamo di cinquemila disoccupati ma almeno di venti, venticinquemila potenziali disoccupati”. La primavera non fa grandi promesse e i commercianti sperano almeno di poter tornare a respirare per l’estate.
“I politici non si rendono conto che esiste una seconda pandemia, economica, terribile quanto quella sanitaria – dice Bertin -. Servirebbe almeno un percorso per cominciare a sperare di uscirne ma i vaccini sono al palo. In queste condizioni come possiamo programmare? Nel frattempo le persone si sono disaffezionate agli acquisti, è evidente, basta guardare al crollo dei consumi. La fascia colorata non è la soluzione. Ormai gli imprenditori al braccio portano una fascia nera permanente, anche perché di ristori non si sente quasi più parlare. Continuano a dire che hanno fatto uno scostamento di bilancio di 32 miliardi. Dove sono i soldi? A chi andranno? Quando arriveranno?”.