“Chi ha il dominio del mare ha il dominio di tutto”, diceva Temistocle più di 4 secoli prima della nascita di Cristo.
La pensano così anche gli Stati Uniti, che hanno sempre più a cuore il destino del mare; soprattutto quella porzione di Oceano Pacifico che lambisce il Sud-Est del vasto continente asiatico. E che prende il nome di Mar Cinese Meridionale – da cui si intuisce subito quale sia il principale rivale strategico per Washington.
La vicepresidente Kamala Harris si è recentemente recata in visita ufficiale a Singapore; la ricchissima città-stato situata all’estremo sud dell’Asia e che controlla lo strategico stretto di Malacca. È la seconda visita di altissimo profilo da parte degli Stati Uniti in pochi mesi, dopo quella del Numero 1 del Pentagono Lloyd Austin.
Le tensioni con Pechino sono infatti in lenta ed inesorabile crescita; e gli alleati (o almeno gli amici) regionali sono per Washington una potente leva per limitare il dilagante potere cinese. Taiwan, Filippine, Vietnam, Malesia, Singapore: tutti reclamano una porzione del Mare su cui si affacciano. A fronte della Cina che, invece, brama per averlo tutto per sé; sulla base di una discutibile mappa dei tempi di Mao.
Da Singapore, caposaldo della presenza USA nella regione, la Harris ha preso dure posizioni contro la Cina ed il suo atteggiamento nel Mar Cinese Meridionale. A detta sua, sempre più invasivo ed arrogante. Per contro, ne ha ricevuto in cambio un severo monito da parte del ministro degli Esteri cinese; che ha schernito gli Stati Uniti per il tragico epilogo dell’Afghanistan. Cogliendo quindi, con l’occasione, un pretesto per screditare il modus operandi che gli americani praticano dove sono presenti.
Le navi da guerra dei due paesi, intanto, continuano a incrociarsi a distanze sempre minori.
Federico Kapnist