Il 20 settembre ci esprimeremo sul referendum che prevede un consistente taglio dei parlamentari, il risultato è del tutto scontato, purtroppo prevarranno i sì, nel Paese non vi è spazio per ragionare sulle conseguenze, l’elettorato ha colto quest’occasione per umiliare una politica che, in un vuoto di credibilità, è quanto mai distante dalla realtà fattuale.
Fino agli anni ’90 la classe dirigente dei partiti, dal PCI al MSI, rappresentava per i propri elettori un riferimento culturale, ideologico, prima che politico e, con votanti non inferiori all’80% dell’elettorato, funzionalità del sistema e coesione sociale erano assicurate. Un’osservazione attenta del presente ci dice che così non è più, abbiamo presuntuosamente certificato la fine delle ideologie e quindi delle culture sottostanti, un insignificante nuovismo ci ha convinti del superamento della destra e della sinistra in favore di una aideologica politica del fare, cioè dell’agire in assenza di un sistema di pensiero capace di dare coerenza alle scelte e all’azione politica.
Vinceranno quindi i “si” (purtroppo e probabilmente) senza che si sappia bene cosa succederà dopo: proviamo a descriverlo.
Il numero dei parlamentari sarà significativamente ridotto, da 630 a 400 i deputati e da 315 a 200 i senatori con un risparmio per le casse dello Stato di (soli) 81 milioni di euro: ma siamo sicuri che una riduzione del numero dei parlamentari comporti per se stessa un aumento dell’efficienza delle istituzioni? No, per niente; il difetto del nostro sistema sta tutto nel “bicameralismo perfetto”, in quella regola cioè per cui Senato e Camera devono approvare un testo assolutamente identico e questo comporta molte volte una serie lunghissima di passaggi: che i parlamentari siano dieci, venti (come nelle commissioni in cui viene svolto gran parte del lavoro) cento o mille non c’entra assolutamente niente: questo, di cui il referendum non dice nulla, non succede in nessun altro Paese del mondo!
E poi siamo sicuri che il problema del nostro Paese sia quello di produrre più leggi e approvarle più rapidamente? Ci sembra proprio di no! L’Italia oggi ha più leggi di tutto il resto d’Europa messo assieme! Il problema è che sono non solo troppe, ma anche contorte, complicate, a volte addirittura contraddittorie. C’è un problema?- sembrano ragionare i parlamentari – facciamo una legge per risolverlo! Sarebbe meglio dire, almeno qualche volta, “c’è un problema? Quali leggi è bene abolire per risolverlo?
Ma qui occorre rivolgersi all’intelletto e non alla “pancia”, occorre avere parlamentari preparati e lungimiranti, disposti anche all’impopolarità per l’efficienza delle istituzioni e non protesi sempre e soltanto al consenso elettorale, da inseguire a qualsiasi costo.
Ma questi parlamentari hanno fatto da tempo la fine delle ideologie: sono scomparsi!
Il passante