Sono giorni di grande attivismo per il genero del presidente uscente degli Stati Uniti, Jared Kushner. L’uomo che ha tessuto in questi quattro anni di Trump i rapporti tra Washington e diversi Paesi del mondo musulmano, culminati nella realizzazione dell’Accordo Abraham, si sta giocando le sue ultime carte nei panni di senior advisor della Casa Bianca.
L’Accordo in questione – mirato ad offrire un sostegno ancora più forte all’Israele di Netanyahu con il superamento, mediante accordi commerciali, delle annose tensioni tra lo Stato ebraico e i paesi musulmani della Regione – porta la firma diretta di Kushner e del principe ereditario del trono saudita, Mohammed bin-Salman. Insieme hanno ottenuto risultati rilevanti tra Israele e alcuni stati “controllati” da Riyadh, come Bahrein ed Emirati Arabi (nei quali rientrano i celebri Dubai ed Abu Dhabi) seguiti, nei giorni scorsi, dal Bhutan e soprattutto dal Marocco.
Un passo importante, quello di Rabat, che ha costituito un tassello importante dell’Accordo che prende così sempre più grandezza ed importanza. Portando dalla parte di Washington un grande paese musulmano distintosi, negli ultimi anni, per essere riuscito a rimanere praticamente immune dal fondamentalismo islamico. Merito di re Mohammed VI, che saluta l’accordo con Israele non dimenticandosi dei Palestinesi e della loro causa; per la quale auspica una soluzione possibile per i due stati.
Se il Marocco va in questa direzione, la Tunisia sceglie però un’altra strada. Con un rapporto oggi quanto mai difficoltoso con Israele e gli ebrei in generale, non sembra sia possibile alcun accordo di normalizzazione. La Tunisia, che pur ha la più antica sinagoga d’Africa e che prima dell’indipendenza, nel ’56, dava ospitalità ad un’antica comunità israelitica che contava circa 100mila persone, oggi ne annovera appena 2mila. E, dopo la seconda intifada del 2000, ha visto ulteriormente peggiorare i suoi rapporti, già non idilliaci, con Tel-Aviv.
Ecco che allora, il premier tunisino, Mechichi, ha dichiarato in una recente intervista che “ciascun Paese ha la propria realtà, la propria verità e la propria diplomazia, che considera essere la migliore per il proprio popolo”. E che quindi, ad oggi, non c’è spazio per alcun accordo con Israele.
(In copertina il primo ministro tunisino Mechichi)
Federico Kapnist