L’Italia sta vivendo un momento di grande confusione, e non solo politica. E così ieri mattina, oltre una ventina di dottorandi dell’Università di Padova hanno chiesto all’Ateneo patavino di concedere i tre mesi di proroga per il termine del ciclo di dottorato stabiliti dal decreto legge, pubblicato in Gazzetta ufficiale il 24 dicembre scorso, pensato proprio per permettere ai dottorandi di terminare le tesi di ricerca bloccate dalla prima ondata di coronavirus e il lockdown.
“Durante il lockdown non abbiamo potuto accedere ai laboratori, non sono stati fatti convegni, lezioni e tutto ciò che è previsto per un ciclo di dottorato – spiega Claudio Monopoli, rappresentante della consulta dei dottorandi –. Questo blocco ha fatto sì che le nostre ricerche non potessero proseguire e abbiamo perso del tempo prezioso. Chiediamo semplicemente che venga rispettato un decreto legge, è un nostro diritto».
I dottorandi fanno leva su uno degli slogan di punta del Bo: “Priorità alla ricerca”. “Grazie alle nostre ricerche l’università ottiene finanziamenti, prestigio ma anche sviluppo della società – sottolinea Monopoli –. Questa pandemia ha colpito anche noi, non è vero che il lavoro di ricerca si può fare comodamente da casa, nemmeno per le materie umanistiche”.
“Come ADI (associazione dei dottori e dottorandi in Italia), abbiamo sostenuto la proroga retribuita di contratto per gli studenti di dottorato del 33º ciclo, che per i mesi del lockdown sono rimasti bloccati con l’avanzamento dei progetti di ricerca – spiega Ciro De Vincenzo, a capo del coordinamento padovano dell’ADI -. L’Università di Padova ha previsto delle condizioni aggiuntive, non previste dalla legge, che limitano fortemente la possibilità di vedersi riconosciuto un diritto”.
Da parte del Rettorato però paiono arrivare segnali incoraggianti, e viene promesso che le situazioni verranno valutate caso per caso, proprio per non creare situazioni di contrasto.