Mario Draghi non proviene dal mondo della diplomazia; ma all’aria che si respira nei piani alti delle istituzioni e dei centri di potere, ci è abituato eccome. Difficile pensare, quindi, che l’aver apostrofato il presidente turco Erdogan “dittatore”, in un’intervista tenutasi ieri, sia stato un clamoroso lapsus.
Piuttosto, viene da pensare che la frase fosse proprio voluta. E sarebbe un curioso precedente; dato che a pronunciarla è una delle personalità più stimate di tutta l’Unione Europea. Un’Unione sovente succube dei voleri del Sultano e dei suoi ricatti; ma che questa volta non ha voluto riprendere in alcun modo l’ex presidente della BCE per un’uscita decisamente audace.
Ma cosa avrà spinto il nostro premier a dare del dittatore ad un presidente che, piaccia o no, in ogni caso occupa la sua poltrona con piena legittimità democratica? Forse il caso, montato ad arte, del sofà per Ursula von der Leyen?
Ampliando un pelo più a destra la foto incriminata che ha fatto il giro del mondo, si sarebbe visto, su un altro divano ed esattamente di fronte alla presidente della Commissione Europea, il potente plenipotenziario degli Esteri di Ankara, Mevlut Cavusoglu. Nessuno sgarbo, quindi. Anzi, si potrebbe anche obiettare che offrire un divano ad una signora, più comodo rispetto ad una sedia, sia addirittura un gesto di cavalleria. Nessuno ha poi ancora capito, nel dedalo delle istituzioni europee, chi conti di più tra un presidente del Consiglio – Charles Michel – ed una presidente della Commissione – la von der Leyen; e quindi chi aveva più diritto a sedersi vicino al presidente turco. Aggiungiamo i protocolli anti-pandemici e quelli diplomatici, e forse qualche responsabilità del “buon” Michel, ed ecco che il caso può tranquillamente essere ridimensionato. Magari pensando a qualcosa di più serio, tra tutte le recenti malefatte del Gran turco.
Quel che forse non è ridimensionato, anche alla luce del primo viaggio all’estero di Mario Draghi – non a caso in Libia – è il nuovo vento che soffia da Occidente. E che mira a rimettere l’Italia, con la benedizione di Washington, al posto che le compete nella nostra ex-colonia. A spese proprio della Turchia; che a suon di mercenari ed imponenti forniture belliche, agognava a riprendersi buona parte di quel territorio un tempo parte del suo Impero.
Che Draghi abbia volutamente gettato il guanto, in vista dei tempi che verranno nella Libia che si avvia alle prime elezioni democratiche?
Federico Kapnist