Chissà se l’avrebbero fatto comunque. Chissà, se avessero saputo chi era e che storia aveva alle spalle, se se la sarebbero presa in ogni caso con una persona come Luca Attanasio.
Forse avrebbero scelto qualcun altro; da rapire o da rapinare, e magari da poter uccidere a sangue freddo. Un altro “uomo bianco”; che incarnasse i peggiori stereotipi che un’ampia fetta di popolazione del martoriato Congo associa, piaccia o no, a chi proviene dall’Europa. Un retaggio di una lontana, ma lunga e a tratti crudele, dominazione belga.
E invece, il nostro ambasciatore Attanasio era la persona più lontana da qualunque istinto predatorio compiuto nei secoli dagli europei nei confronti del Continente Nero. Era, per contro, uno dei fiori all’occhiello della nostra diplomazia; una di quelle persone impegnate quotidianamente per offrire sostegno e speranza di prosperità alle popolazioni più sfortunate del mondo. Un grande e sincero amante dell’Africa, dove era arrivato alla sua terza missione diplomatica – dopo Marocco e Nigeria – e in cui aveva trovato una moglie, Zakia Seddiki, che gli aveva dato tre splendide bambine.
“Quella dell’ambasciatore è una missione, a volte anche pericolosa, ma abbiamo il dovere di dare l’esempio”. 43 anni, originario di Saronno, Luca Attanasio interrompe nel modo più tragico una luminosa carriera di oltre 15 anni che lo aveva visto spiccare il volo, nel 2006, dopo la laurea a pieni voti all’Università Bocconi. Nella Repubblica Democratica del Congo risiedeva dal 2017 come capo missione; e da poco vi era stato confermato come Ambasciatore Straordinario Plenipotenziario. Dalle sue foto e dalle prime, commosse parole di cordoglio pronunciate da qualche conoscente, emergono subito i tratti di un uomo buono e saggio. Dal sorriso sincero e dalla sana ambizione; un uomo di valori, che tiene alto il buon nome dell’Italia nel mondo.
Quel buon nome che tale è anche grazie al corpo dei Carabinieri; che nel tragico evento di ieri perde un suo figlio, Vittorio Iacovacci, 30 anni, malcapitato accompagnatore e scorta di S.E. Attanasio.
La visita alla scuola nell’ambito del World Food Program a cui il nostro Ambasciatore doveva partecipare, organizzata con poca scorta in una delle aree più pericolose di tutta l’Africa, si conclude nel modo più tragico; e lascia solo sgomento, tristezza e rabbia.
Federico Kapnist