Magistratura italiana e Fincantieri continueranno a seguire i loro “percorsi egiziani” su binari paralleli. A pochi giorni dalla comunicazione, da parte della procura di Roma, di aver concluso le indagini sulla morte di Giulio Regeni – il ricercatore italiano sequestrato e ucciso, al Cairo, tra gennaio e febbraio del 2016 – le autorità egiziane hanno dichiarato che non collaboreranno nel processo contro i colpevoli. Anzi, ne istruiranno uno parallelo con capi d’accusa totalmente differenti.
L’Italia, che ha subito lo smacco di vedersi rifiutare la richiesta di rogatoria nei confronti di alcuni testimoni chiave, seguirà comunque il suo filone investigativo contro 5 agenti della National Security (il servizio segreto civile egiziano). Ritenuti colpevoli, secondo i nostri inquirenti, di aver sequestrato, torturato ed ucciso Regeni a causa delle sue indagini condotte, nell’ambito degli studi universitari, nell’intricato mondo dei sindacati nel paese africano.
L’Egitto, per contro, batterà invece la strada della banda di rapinatori; colpevoli, secondo le autorità del Cairo, di aver portato a compimento una rapina poi finita nel sangue. Questa versione, neanche a dirlo, suona come un clamoroso depistaggio e poggia su basi traballanti, se non inconsistenti. E che, in altre parole, rivela la volontà da parte degli egiziani di nascondere una realtà processuale scomoda e difficilmente giustificabile; data l’intricata vicenda in cui si era trovato a finire, suo malgrado, lo sfortunato Regeni.
Ma business is business, come si suol dire. E come un tempo i veneziani si scornavano coi turchi nel Mediterraneo, commerciandoci con profitto allo stesso tempo, anche oggi l’Italia segue una strada pragmatica. Che la sta portando a concludere una commessa, data la controparte, decisamente faraonica. Fincantieri venderà infatti all’Egitto del generale al-Sisi due fregate inizialmente destinate alla Marina Italiana; e che però verranno invece destinate all’esercito egiziano. Il valore delle due navi – chiamate in gergo FREMM, Fregate Europett Multi Missione – si aggira intorno a 1,5 miliardi di euro. L’operazione rientra nei piani di un ampio ammodernamento dell’esercito portato avanti da Sisi, indiscusso sovrano di un Paese che ha sempre conferito grande importanza alle sue forze armate.
Questo piano, del valore di circa 11 miliardi di euro e che porterebbe l’Egitto ad essere uno dei maggiori acquirenti d’armi a livello internazionale – e, si vocifera, addirittura una sorta di hub degli armamenti per il continente africano – ha ovviamente attratto anche attori, in primis la Germania, mediante la “sempiterna” Thyssen-Krupp.
Federico Kapnist