L’ultimo colpo lo ha inferto Luca Zaia con le nuove restrizioni, per le quali è come se il Veneto diventasse una zona arancione: i ristoratori sono nel caos totale, dicono di non capire nulla e di non sapere più cosa fare per il periodo natalizio. Ci sarebbero da gestire ordini e provviste, da fermare il personale e prenotazioni da raccogliere e molto altro ancora.
Non chiedono molto, semplicemente chiarezza e certezze, perché le imprese che devono pianificare e organizzare non possono lavorare nel caos delle informazioni che continuano a cambiare.
Nel frattempo, fioccano le disdette di chi avendo già prenotato il pranzo di Natale, ora teme di doversi sedere a tavola alle undici di mattina, per tornare a casa alle due. Molti, i più intraprendenti, nell’incertezza si stanno organizzando con il delivery.
Ancor più critica la situazione del settore alberghiero della città e della provincia, che si appresta a chiudere l’annus horribilis con un calo del fatturato del 89%.
“Così dopo Pasqua, l’estate e l’autunno, ci avviamo ad archiviare anche il Natale con incassi che saranno pari a zero. Purtroppo le città d’arte, come Padova, sono quelle che hanno registrato una mancanza di introiti pressoché totale. I capoluoghi, a differenza di mare e montagna, hanno pagato un prezzo altissimo in termini di chiusure di alberghi e dipendenti in cassa integrazione”, ha dichiarato sconsolata Monica Soranzo, presidente degli albergatori di Padova Hotels Federalberghi Ascom.
Basti pensare che dei 54 alberghi attorno alla zona del Santo, in questo momento, quelli aperti si possono contare sulle dita di una mano. Una situazione drammatica che nessun ristoro potrà lenire. L’unica speranza è quella che il vaccino possa arrivare presto.