All’interno della storia dell’arte, all’origine di molti capolavori vi è l’amore, sentimento centrale in questo panorama, interpretato, in tutte le sue sfaccettature tematiche, in maniera diversa nel corso delle epoche. Dal trionfo dell’amore fisico con l’aureo Bacio di Klimt (1907), all’amore tenero e genuino, espresso attraverso semplici gesti quotidiani di una coppia di coniugi con Il Compleanno di Chagall (1915).
Dall’amore incondizionato sui muri di Keith Haring, nelle cui figure è impossibile prescinderne il sesso o la razza, all’amore tragico e tormentato che si legge negli occhi della giovane Jeanne Hébuterne, nei numerosi ritratti della donna del livornese Modigliani. Ogni artista ha raccontato il proprio amore: l’amore per la propria amante, per il proprio uomo, per la propria patria o per la vita e da forma a questo sentimento attraverso linguaggi differenti, in linea con il proprio tempo.
Nell’ultimo decennio del Novecento, l’artista cubano, emigrato a New York, Felix Gonzalez-Torres (Guáimaro, 1957 – Miami, 1996), dopo una formazione come fotografo, realizza una serie di installazioni che vogliono dare forma all’amore, puro e forte.
Freud diceva che si mettono in scena le paure per diminuirle: Gonzalez-Torres dichiara, in più di un’intervista, che se l’amore gli ha dato una ragione di vita, è stato anche motivo di panico: quando si è innamorati si vive con la paura di perdere quell’amore. E lui ha vissuto con la paura di perdere il suo compagno Ross, morto a causa dell’AIDS nel 1991.
Le sue opere d’arte sono la messa in scena della sua paura di perdere l’amato, che lentamente, poco alla volta, si consumava a causa della malattia, che nel 1996 porterà via anche lo stesso artista.
Ecco che l’amore è un mucchio di caramelle in “Untitled (Portrait of Ross in LA)” del 1991.
Una pila di caramelle variopinte è posta in un angolo della sala dell’Art Institute of Chicago, il cui peso era di 80 kg, equivalente al peso di Ross Laycock al momento della morte; ma la sua mole varia continuamente in quanto i visitatori sono invitati a prendere una caramella. Inevitabilmente va sottolineato l’aspetto rituale dell’opera: le caramelle vanno a simboleggiare le parti del corpo dell’amato e in ognuna di esse vive la sua anima, che piano piano, visitatore dopo visitatore, lascia la sala e si allontana dall’artista.
Il mucchio di caramelle non è solo rappresentazione di Ross, ma raffigura tutti i corpi malati, afflitti da una patologia ignorata in quegli anni. Gonzalez-Torres, dal racconto del suo amore, dalla sua sfera più intima e privata, arriva a parlare, a gran voce, di una tematica sentita ormai universalmente, che veniva celata e sottovalutata dai governi.
Tutto ciò acquista valore grazie all’intervento del pubblico, che è coinvolto direttamente; senza la sua interazione l’opera d’arte sarebbe un semplice esercizio di stile. Ogni visitatore viene ammesso nella vita dell’artista con cui entra in empatia e crea un rapporto intimo e personale.
“Untitled (Portrait of Ross in LA)” non è l’unica opera effimera – costantemente reintegrata – di carattere rituale, fa parte di una serie di installazioni composte da pile di oggetti quotidiani, caramelle, tronchetti di liquirizia, biscotti della fortuna, poster, che senza l’agire della collettività non vivrebbero. È il gesto dei visitatori, questa presa di responsabilità, fa sì che questi semplici oggetti diventino significanti e portatori di messaggi che toccano ognuno nel profondo: solitudine, paura, malattia, precarietà, morte. Queste opere sono destinate a logorarsi, come i corpi dei malati.
Nel 1990, ad un anno dalla morte di Ross, la consapevolezza dell’imminente perdita e il timore per un futuro in solitudine sono raccontati in “Untitled (Perfect lovers)”.
Gonzalez-Torres era spaventato dal tempo, dal suo scorrere inarrestabile e definì la realizzazione di quest’opera “la cosa più spaventosa che abbia mai fatto.” Due orologi da parete identici sono collocati uno a fianco all’altro: inizialmente il tempo segnato dalle lancette di entrambi è identico, ma ad un certo punto uno dei due inizia a sfasarsi fino a smettere di funzionare, a simboleggiare non solo la vita di Ross, ma, collocandosi in bilico tra dimensione pubblica e privata, quella di tutti i malati di AIDS.
A Manhattan nel 1991 è apparso un cartellone pubblicitario con un letto matrimoniale sfatto. Era “Untitled (Billboard of an Empty Bed)”, la fotografia in bianco e nero del letto di Ross e di Felix che ancora portava le tracce dei loro corpi, le lenzuola spiegazzate e le impronte sui cuscini.
Un’immagine di intimità che, fuori scala, si inserisce e si impone all’interno del paesaggio urbano, oscillando, anche questa volta, tra vita privata e pubblica.
È una manifesto pubblicitario dell’amore per il mancato Ross, dell’amore tra due omosessuali, che viene espresso, però attraverso l’assenza dei corpi. Questa costante celebrazione dell’amore attraverso la mancanza, la solitudine e la morte segna ogni intervento di Felix Gonzalez-Torres.
Andrea Villa