Dopo oltre 12 anni al comando di Israele, Benjamin “Bibi” Netanyahu sembra esser arrivato al capolinea della sua carriera politica.
Il leader del “Likud”, partito di destra israeliano, è stato escluso dal governo di unità nazionale concordato da Yair Lapid e Naftali Bennett; leader rispettivamente di “Yesh Atid”, centrista, e di “Yamina”, nazionalista. Insieme a loro, faranno parte del governo altri partiti tra cui quello laburista e soprattutto quello arabo, “Raam”. Che, per la prima volta, entrerà a far parte di un esecutivo dello stato ebraico; promettendo riforme e tutele per l’ampia componente araba che risiede all’interno dei confini israeliani.
Il risultato a cui sono giunti i due leader è scaturito dalle elezioni del 23 marzo scorso; in cui 6,5 milioni di israeliani si erano recati alle urne per la quarta volta in due anni. L’ennesima assenza di una maggioranza, aveva comportato la stipulazione di un accordo tra diverse formazioni politiche.
Rabbia e sconcerto da parte del grande escluso, Netanyahu, che negli ultimi ha attirato su di sé accuse di corruzione (per cui i processi sono ancora in corso) e soprattutto un marcato odio da parte di una consistente fetta di popolazione. Soprattutto tra i ceti colti delle grandi città.
“La frode del secolo”, ha definito l’ex premier Netanyahu il nuovo accordo. Per Israele inizia ora una nuova era politica.
Federico Kapnist