Gas, la griffe dei jeans di Chiuppano, ormai in crisi da anni, tenta la via della compartecipazione dei suoi dipendenti, come soci di minoranza, attraverso un progetto di costituzione di una cooperativa di lavoratori, ai quali verrebbe distribuito il 10% di Luna Srl, la holding di controllo del marchio Gas, donato da Claudio Grotto, che detiene il 65% del totale.
Lo schema è stato messo a punto nei giorni scorsi durante un vertice tra l’amministratore unico, Cristiano Eberle, Legacoop e sindacati, che stanno appoggiando l’esperimento, come formula di partecipazione nelle scelte strategiche: “Auspichiamo che l’assemblea dei creditori, a maggio, possa approvare il piano Eberle. Sul fronte della partecipazione, i dipendenti restano tali e non mettono nulla di tasca loro, ma hanno la possibilità di essere informati sull’azienda”, come ha voluto ribadire Gianpaolo Zanni, segretario di Cgil Vicenza.
Lo schema è stato tradotto in una lettera d’impegno, firmata già da un terzo dei 180 dipendenti. L’avvio dell’esperimento rimane comunque subordinato al via libera dell’assemblea dei creditori del prossimo 20 maggio e al concordato preventivo depositato il 4 febbraio scorso da Eberle, nel tentativo di far uscire l’azienda da una crisi, che si trascina ormai da un decennio.
Il concordato proporrebbe la restituzione del 20% ai creditori chirografari, che pesano per 62 milioni dei 77 totali del passivo, anziché il 30%, come previsto prima della crisi Covid-19. Fondamentale riuscire a superare lo scoglio di Dea Capital, il fondo d’investimento, che tre anni fa aveva acquistato 34,5 milioni di crediti deteriorati e che da solo decide il destino del piano.
Del resto come fa sapere Cristiano Eberle, “questa è la quota che riusciamo a pagare. Il piano non considera comunque le ulteriori possibilità che possono venire dagli ingressi nei mercati russo, americano, cinese ed est-europeo. Inoltre ai creditori sarebbero offerti ulteriori incassi dall’azione di responsabilità votata dalla proprietà, anche contro se stessa, per i piani di risanamento, portati avanti tra il 2015 e il 2019, che avrebbero solo peggiorato la situazione patrimoniale”.
Ma Eberle mette sul piatto anche il fatto che azienda e prodotto ci sono, anche dopo il pesantissimo stress-test del 2020, che ha letteralmente massacrato il settore moda: “Chiudiamo il 2020 con 26 milioni di ricavi e un margine operativo lordo di 1,5 con una cassa di 6-7 milioni. Abbiamo selezionato i clienti, a costo di perdere fatturato, ridotto il magazzino, chiuso l’estero, eccetto l’Ungheria”. I dipendenti sono motivati e forse questo potrebbe essere l’inizio di un nuovo modello di fare impresa.