Solo a vederlo sfilare, durante le parate militari, fa letteralmente impressione per forma e grandezza. Ma è quando si scopre la sua efficacia, che acquista ancor più valore e fascino per paesi dalle grandi ambizioni militari, decisi ad ottenere il meglio che c’è sul mercato.
Stiamo parlando dell’ S-400 Triumf (С-400 Триумф), considerato il miglior sistema d’arma antiaereo al mondo. Sviluppato in Russia dall’Almaz Central Design Bureau, ed esportato dal colosso degli armamenti, Rosoboronexport, offre una copertura totale dello spazio aereo in cui viene impiegato.
La sua efficacia ha stregato Cina, India e Arabia Saudita, che hanno voluto subito accaparrarsi la versione “Export” di questo micidiale armamento. Insieme a loro – liberissime di fare shopping di armamenti dove più desiderano – ha destato però più di qualche problema la decisione turca di unirsi a questo ristretto, ma assai pesante, club di detentori dell’S-400.
A differenza dei paesi precedentemente citati, la Turchia è membro della NATO; e Washington, come si può immaginare, non ha certo gradito il fatto che uno dei pilastri dell’Alleanza sia andato a rifornirsi di armamenti direttamente dal principale concorrente (per non dire nemico). Gli ammonimenti americani sull’astenersi a fare il passo definitivo, e quindi finalizzare l’acquisto e ottenere le prima batteria missilistica, non sono serviti a nulla. Il Sultano Erdogan ha voluto perfezionare l’accordo e ora la Turchia utilizza il sistema di difesa russo, con evidente sconcerto degli Stati Uniti che non sono rimasti con le mani in mano.
Come prima mossa, Ankara era già stata estromessa dal nuovo programma di vendita e aggiornamento dei caccia F-35, jet da combattimento di quinta generazione “made in USA”. Ma nei giorni scorsi si è fatto di più; un segnale inedito che rischia di creare una frattura di non poco conto intra-NATO e che crea un curioso precedente nel campo delle relazioni con la Turchia, rimasta sinora sempre indenne da ogni conseguenza nonostante la sua politica estera spregiudicata.
Per la prima volta, essa viene infatti sottoposta a sanzioni: ad essere colpiti saranno il presidente delle Industrie per la Difesa turche (SSB) e tre dipendenti; per i quali scatterà il divieto di ingresso negli Stati Uniti ed il congelamento dei loro beni. Decise dall’amministrazione uscente di Donald Trump, e confermate lunedì dal Segretario di Stato, Mike Pompeo, le sanzioni sono state naturalmente mal digerite ad Ankara; che in una nota ufficiale le ha definite “un grave errore”.
Federico Kapnist