A Palazzo Zabarella, dal 24 ottobre al 18 aprile 2021, la mostra “I Macchiaioli – Capolavori dell’Italia che risorge”, una selezione di opere, il cui progetto scientifico ha voluto mettere l’accento sui collezionisti e sui mecenati che sostennero gli esponenti del Movimento, nato in Toscana intorno alla metà dell’Ottocento.
La definizione nacque nel 1862, da un critico, che volendo sminuire il prestigio della scuola toscana di pittura del tempo, definì le opere, “macchie”, non quadri. Come già era successo ai “cugini” Impressionisti, le cui opere furono definite sprezzantemente, “impressioni”, non dipinti.
Infatti, solo in anni recenti è stata rivalutata la qualità internazionale delle opere dei Macchiaioli, prima li si relegava ad un ruolo di “scuola italiana”. Ed è per questo che i due curatori della mostra padovana, Fernando Mazzocca e Giuliano Matteucci hanno insistito sul tasto del collezionismo, che si è rivelato fondamentale nella fortuna del Movimento.
Critici d’arte, scrittori, pittori e mecenati furono tutti eroici sostenitori dei vari Lega, Fattori, Signorini. E allora, quello che molti si sono sempre chiesti è perché un artista stimato e apprezzato come Signorini, “che sin dai primi del Novecento, poteva contare su lunghi articoli, pieni di elogi, del massimo critico d’arte di allora, Ugo Ojetti”, ancora oggi non riesca a tenere il confronto con Monet. E forse le ragioni sono da ricercare nella storia e nelle diverse stagioni che vivevano Italia e Francia in quel periodo.
In Italia si tentava di unificare il Paese, c’erano tensioni sociali e politiche molto forti, c’erano ardori, aspirazioni, ideali, che tradotti in pittura, si trasformavano in luce ed energia. I Macchiaioli divennero i poeti di “un’Italia che ambiva ad essere unita, che risorgeva”, come recita il sottotitolo della Mostra.
La Francia era diversa. Il pubblico francese era più colto, “coltivato” e pronto ad apprezzare e sostenere un’arte nuova.
Le opere dei Macchiaioli si dispersero tra i tanti collezionisti, “fiancheggiatori infaticabili”, che arrivavano ad indebitarsi, pur di avere un loro dipinto.
“Un fortissimo e inaspettato sostegno, ma, al di fuori della critica ufficiale”, che non permise loro di entrare nei circuiti commerciali e mediatici: “molti appassionati, ma mai un mercante sul modello di Paul Durand-Ruel”.