Correva il 1973, quando gli Stati Uniti del presidente Richard Nixon e del segretario di Stato Henry Kissinger, architettarono un golpe militare che abbattesse il neo eletto presidente del Cile, Salvador Allende.
La colpa di Allende era stata creare un pericolosissimo precedente nell’epoca della Guerra Fredda: per la prima volta, infatti, un governo socialista era stato democraticamente eletto. Per di più, in un grande Paese del Sud America, considerato dagli Stati Uniti come una sorta di cortile di casa dove era ancor più importante stroncare sul nascere pericolose derive verso sinistra.
In funzione anti-comunista, quindi, Washington organizzò un colpo di stato guidato dall’esercito cileno e capeggiato dal generale Augusto Pinochet. Il golpe ebbe successo, Allende si suicidò e venne instaurata una delle dittature militari più dure e sanguinarie del XX secolo, con migliaia di morti e decine di migliaia di persone incarcerate, torturate e fatte sparire.
La dittatura durò fino al 1988, ma da allora il Cile aveva continuato a mantenere la costituzione promulgata da Pinochet. Una costituzione che, a onor del vero, non era totalmente negativa; e che ha permesso al Cile di godere di condizioni socio-economiche migliori di tanti paesi del Continente. Tuttavia – secondo i critici – è stata anche la causa del grande indebitamento in cui versa oggi la popolazione cilena, dissanguata dagli alti costi di istruzione e sanità, oltre che da un’inflazione galoppante, in puro stile sudamericano.
Proprio a causa di queste problematiche, circa un anno fa imponenti manifestazioni di protesta avevano scosso il Paese, spingendo il governo guidato da Piñera – di destra – e l’opposizione di sinistra, a sottoscrivere l’”Accordo per la Pace”, con lo scopo di cambiare la carta costituente e chiudere definitivamente i conti con uno scomodo passato che ancora aleggiava sulla vita pubblica del Cile.
I risultati hanno visto una vittoria schiacciante e trasversale del “SI” con oltre il 78% dei voti, a fronte di un 21% abbondante di coloro che si sono invece opposti ad ogni revisione della Carta. L’affluenza si è assestata intorno al 50%, in media con tutte le consultazioni elettorali dell’ultimo decennio.
Il prossimo passo sarà eleggere, nell’aprile 2021, i 155 membri della nuova assemblea costituente che avranno il compito di redigere la nuova “magna carta” del Paese sudamericano.
Adios Pinochet.
Federico Kapnist