Con 156 voti favorevoli, 140 contrari e 16 astenuti, il governo ottiene la fiducia, anche se risicata, in Senato e questo gli permette di restare a galla, pure se in acque molto agitate. Adesso la partita si sposta sulle possibili alleanze politiche per cercare di ottenere quei numeri che ancora non ci sono – e che hanno fatto lasciare Palazzo Madama a Conte qualche minuto prima dell’annuncio ufficiale.
Annuncio che è stato accompagnato dalle polemiche per la riammissione al voto dell’ex 5S Ciampolillo e di Nencini, con la presidente del Senato Casellati che più volte ha dovuto richiamare l’ordine in Aula, segno di come gli animi fossero tesissimi. Italia Viva conferma l’astensione, in segno di “disponibilità”, per discutere ancora con la maggioranza.
Al momento i senatori guidati da Matteo Renzi potrebbero essere l’ago della bilancia in Senato: se si sommassero alle opposizioni i rapporti di forza cambierebbero (senza Nencini, sono infatti 17 in tutto, contando anche un senatore assente per Covid, e dunque sommati ai 140 no delle opposizioni supererebbero l’attuale maggioranza. Un dato che di certo Conte non avrà trascurato.
Nell’Aula del Senato, Conte e Renzi ingaggiano un duello a distanza, con il leader di Iv che accusa il premier di “non essere salito al Quirinale per paura” e di chiudersi in “un arrocco dannoso”. Come il centrodestra, parla di “mercato indecoroso di poltrone” e torna a chiedere un cambio di passo, dalla scuola all’economia, “o i nostri figli ci malediranno”, dice.
Conte di contro rivendica il dialogo e ribadisce come la responsabilità della rottura sia tutta sulle spalle di Italia Viva, “difficile governare con chi mina equilibri”, attacca. Occupare “le poltrone” poi non la reputa un’accusa pertinente: l’importante è farlo “con disciplina e onore”, come recita la Costituzione. Quello di cui il Paese ha bisogno “è una politica indirizzata al benessere dei cittadini” per evitare che “la rabbia sociale” esploda e si trasformi in “scontro”, aggiunge.
Chiuso quindi il capitolo fiducia si apre un momento delicato: c’è il ministero dell’Agricoltura da affidare, la delega dei servizi da esercitare e bisogna rilanciare l’azione del governo con un nuovo patto di legislatura, a partire dal Recovery Plan, che potrebbe permettere a Conte di trovare qualche nuovo alleato.
Il presidente del Consiglio si è dato adesso 10 giorni di tempo per rimettere mano alla sua squadra.Vedremo che succederà, e se qualche ulteriore scossone non sia dietro l’angolo.
L.M.