Ahmad Massud, figlio di Ahmad Shah Massud, dalla sua roccaforte afghana situata a Nord-Ovest di Kabul, ha promesso resistenza ad oltranza contro il dilagante regime dei Talebani.
Il padre Shah era il leggendario capo guerriero, meglio noto come “il leone del Panjshir”. Eroe della resistenza afghana durante l’invasione sovietica e riferimento dell’Islam moderato una volta saliti al potere i Talebani, nel 1996. Venne ucciso il 9 settembre 2001 da due terroristi tunisini camuffati da giornalisti. La sua morte, pur senza alcun riscontro ufficiale, viene unanimemente considerata come il preludio, se non un vero e proprio “annuncio”, agli attentati dell’11 settembre; avvenuti solo due giorni dopo negli Stati Uniti.
Il figlio oggi si trova a ripercorrere le stesse orme paterne; in netta contrapposizione con i Talebani e il regime che si apprestano ad instaurare in tutto l’Afghanistan. Di etnia tagika, come buona parte degli afghani settentrionali, la sua lotta è non solo religiosa bensì anche etnica; i Talebani sono infatti di etnia pashtun, principale gruppo del Paese.
Il “nuovo leone del Panjshir” ha dichiarato di voler tenere aperta la porta della diplomazia; lasciando intendere di riporre una piccola, piccolissima speranza nella veridicità delle parole dei Talebani (vale a dire instaurare un regime più aperto e tollerante rispetto a quello del 1996-2001, con maggiori diritti per le donne e una minor rigidità nell’applicazione della Sharia, la legge coranica). Nonostante questo, sa che dei fondamentalisti saliti ora al potere c’è ben poco da fidarsi. Motivo per cui ha dichiarato che non consegnerà mai il Panjshir ai Talebani; e che se ci sarà da combattere, lui e la sua gente lo faranno fino alla fine.
In questi giorni, centinaia di soldati del disciolto esercito afghano e di miliziani, si stanno dirigendo nel Panjshir per unirsi alla resistenza. Da Kabul, per ora, non sono ancora arrivate minacce esplicite contro Massud. Per quanto ancora?
Federico Kapnist