La cifra “storica” è 248 miliardi di euro, per finanziare centinaia di progetti “ambiziosi”. Ma sbaglia chi pensa che il Piano nazionale di ripresa e resilienza sia solo una questione di numeri: quel piano è “vita”, è il “destino” di un intero Paese. Mario Draghi presenta così alla Camera l’insieme di riforme e investimenti che sono il cuore della sua azione di governo e l’ultima occasione per “porre rimedio” ai ritardi dell’Italia. Dopo aver parlato ieri alla Camera, oggi alle 16 è atteso a Palazzo Madama per lo stesso iter.
“Sono certo che riusciremo ad attuare questo Piano. Sono certo che l’onestà, l’intelligenza, il gusto del futuro prevarranno sulla corruzione, la stupidità, gli interessi costituiti. Questa certezza non è sconsiderato ottimismo, ma fiducia negli italiani, nel mio popolo, nella nostra capacità di lavorare insieme quando l’emergenza ci chiama alla solidarietà, alla responsabilità”, dice Draghi.
“Welfare, casa, lavoro per i giovani”, insiste il premier e poi ancora assistenza agli anziani, ambiente e digitale, il rilancio del Sud, la riduzione dei tempi dei processi, nuove misure per la concorrenza per evitare che il grosso dei fondi vada “a monopolisti”. Draghi elenca nell’Aula di Montecitorio i cardini del piano “Italia domani” che nasce dalla “sintesi” delle istanze emerse nel dibattito delle Camere, dal confronto con gli enti locali e dall’azione istruttoria del precedente governo.
Tra mercoledì e giovedì è attesa l’approvazione finale in Consiglio dei ministri e il 30 aprile il Pnrr sarà inviato a Bruxelles, senza sforare la scadenza prevista dalla Commissione Ue. Sono 191,5 miliardi di Recovery plan da spendere entro il 2026, più 30,6 miliardi di “Piano complementare” per gli investimenti che restano fuori dal piano, altri 26 miliardi da spendere da qui al 2032 per opere “specifiche” come l’lta velocità tra Salerno e Reggio Calabria e quella tra Milano e Venezia, più 15,5 miliardi di Fondo europeo sviluppo e coesione.
Il piano, articolato in sei missioni, dovrebbe dare una spinta al Pil di 3,6 punti nel 2026 e far crescere l’occupazione di 3,2 punti nel triennio 2024-2026. Con un’attenzione particolare al Mezzogiorno, “non per una questione di campanili” ma perché “se cresce il Sud, cresce anche l’Italia”, lì infatti finirà il 50% di investimenti in Infrastrutture.
Le riforme al centro del piano sono quelle della pubblica amministrazione e della giustizia, con l’obiettivo “ambizioso” di ridurre “l’inaccettabile arretrato”, tagliando i tempi dei processi civili del 40% e di quelli penali del 25%. E ancora: semplificazioni e concorrenza, con norme per spingerla in “settori strategici come le reti digitali e l’energia”. Draghi nomina l’assegno unico per i figli e il Superbonus al 110% per le ristrutturazioni edilizie: “Non c’è alcun taglio” e c’è l’impegno a valutare la proroga al 2023 con la prossima manovra.
Al centro del Pnrr Draghi pone “la rivoluzione verde“, con circa 70 miliardi, 50 miliardi per la digitalizzazione come chiave per dare “eque opportunità a tutti” e i giovani tra i maggiori beneficiari del piano. Per questi ultimi annuncia la garanzia di stato sui mutui per la casa, per evitare di versare l’anticipo, 1 miliardo per le palestre delle scuole e i campetti sportivi, 650 milioni per il Servizio civile, 600 milioni per il sistema duale scuola-lavoro, 1 miliardo per la competenza scientifica delle donne. Misure per l’imprenditoria femminile, una clausola per l’assunzione di giovani e donne per le opere previste dal piano. E ancora: il cablaggio di 40mila scuole, un intervento su reclutamento e formazione degli insegnanti. C’è infine il potenziamento della sanità territoriale e domiciliare.
“La vera sfida non appena il piano viene consegnato – sottolinea inoltre Draghi – è di trovare un modo di attuazione dove le amministrazioni locali e il governo centrale trovino uno schema di governance del piano.È complesso il coordinamento tra governo ed enti locali che sono gli attuatori del piano”.