È stata una vittoria netta, circa 60% a 40%, quella del fronte del NO al referendum promosso dall’UDC (Unione Democratica di Centro, primo partito elvetico) per dare una stretta sull’immigrazione.
La consultazione referendaria – strumento usato di frequente in Svizzera per chiedere il parere popolare su numerose questioni – voleva porre un freno al grande afflusso di lavoratori stranieri all’interno del Paese, mettendo in discussione gli accordi bilaterali relativi alla libera circolazione sottoscritti tra Unione Europea e il Paese elvetico.
Con una vittoria del SI, ci sarebbero state ripercussioni importanti per tutta l’economia svizzera e, soprattutto, per la vita di decine di migliaia di lavoratori italiani, i “frontalieri”, che quotidianamente sconfinano per recarsi a lavorare. Da sottolineare, in tal senso, come proprio il Canton Ticino (dove vive e lavora la stragrande maggioranza dei nostri connazionali) sia stato uno dei pochissimi cantoni ad esprimersi invece a favore del SI.
A spaventare l’elettorato elvetico e a compattare il fronte del NO, le conseguenze di un’eventuale uscita dagli accordi con la UE: in base a rigide clausole contenute in questi ultimi, l’abbandono da parte svizzera alla libera circolazione di cittadini comunitari, avrebbe infatti penalizzato le aziende elvetiche che operano all’interno del mercato unico europeo.
Federico Kapnist