Ecco perché Grillo e il M5S temporeggiavano per il voto sulla piattaforma Rousseau (che si tiene oggi dalle 10 alle 18), volevano qualcosa in cambio da Draghi, alcuni si sono spinti a parlare di un “ricatto” vero e proprio. Cosa volevano? Un nuovo ministero, quello per la transizione ecologica che, guarda caso, avrà un ruolo di primo piano nella gestione dei fondi del Recovery fund.
Nel Piano Nazionale per la Ripresa sono stanziati 5,9 miliardi per l’economia circolare, 17,5 miliardi per la transizione energetica e la mobilità sostenibile, 29,2 miliardi per l’efficienza energetica e 14,8 miliardi per la tutela del territorio oltre i 2,4 miliardi di React-Eu: il totale fa 69,8 miliardi e secondo le intenzioni del M5S – che ne vorrebbero la guida – l’intero ministero dovrebbe assorbire le competenze di quello dell’Ambiente, dello Sviluppo Economico e dei Trasporti.
Ma anche su questo punto, come è sua consuetudine, Draghi non si è sbilanciato, limitandosi a dire che l’ambiente «innerverà» tutti gli ambiti degli investimenti, nell’ottica di una «riconversione ambientale» del sistema produttivo. Al di là delle decisioni sul nuovo ministero, Draghi ha avuto un approccio nuovo sul tema ambientale, normalmente snobbato dalla politica.
Insomma il ministero per la transizione ecologica avrà un ruolo centrale e secondo voci di palazzo, in pole position per guidarlo, ci sarebbe Enrico Giovannini, ex presidente dell’Istat e portavoce dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile. Il Corriere della Sera fa anche altri nomi, come quelli di Federico Testa, presidente di Enea, Francesco Starace, oggi amministratore delegato di Enel, uno dei player mondiali nel settore delle energie rinnovabili, e Raffaele Mellone, formazione ad Harvard e amministratore delegato del Fondo italiano per l’efficienza energetica. Personalità di primo piano che potrebbero imprimere una svolta green all’economia italiana.
Il dipartimento, denominato come il nuovo ministero previsto nel futuro esecutivo Draghi, è articolato in quattro direzioni generali: una per l’economia circolare (ECi), una per il clima, l’energia e l’aria (CLEA), una per la crescita sostenibile e la qualità dello sviluppo (CreSS) e infine quella per il risanamento ambientale. La struttura quindi ci sarebbe, bisognerebbe conformarla ora a nuove esigenze ed obiettivi.
L.M.